sabato 29 marzo 2008

Ostacoli ' L'identificazione

Continua l'approfondimento sugli Ostacoli.
Buon Lavoro.
E,

Cosa vuol dire identificazione? L'identificazione è una condizione in cui l'identità di una persona è associata ad una cosa sola. Quando pensiamo intensamente a qualcosa o siamo catturati da un evento, abbiamo la tendenza a dimenticare tutto quello che ci circonda e che compone la gamma di elementi che formano il presente a favore di un solo elemento. Questa assenza di contatto con una realtà più vasta è la condizione naturale dell'uomo ordinario. In base a quello che egli ha appreso nel corso della sua vita ogni stimolo viene immediatamente ricondotto, in base alla legge di minima resistenza, ad una risposta precostituita e unitaria attraverso il processo di identificazione con lo stimolo stesso.

Non ci può esserci consapevolezza e identificazione nello stesso momento, l'una vive a scapito dell'altra.
L'identificazione è uno stato in cui siamo in potere delle cose, per questo può essere difficile da spiegare, perché deve essere verificato. Quando siamo identificati e riusciamo ad interrompere questo stato iniziamo a capire come esso funziona. Ci sono differenti gradi di identificazione; possiamo iniziare a riconoscendo quelle più leggere, quelle superficiali, quelle cioè da cui possiamo facilmente separarci, come ad esempio un cibo che ci piace molto, per prepararci a lavorare con quelle più profonde come l'identificazione con il nostro ritratto immaginario.
Un modo per separarsi dall'identificazione è attraverso uno sforzo intenzionale di espansione della consapevolezza di quello che ci circonda.
CONTINUA

martedì 25 marzo 2008

7 dicembre 1941

Si apre una nuova sezione di traduzioni degli Incontri a Parigi tenuti da Gurdjieff. Grazie a Gianni per il suo lavoro di traduzione e trascrizione.
Buona Lettura,
E.

PAGINA 01 del documento "gurdjieff40s.pdf" che ha anche come titolo di file "(Ebook - Gurdjieff - ENG) - Gurdjieff - Gurdjieff Meetings in Paris Vol. 2.pdf"


INCONTRI A PARIGI
Nota dei traduttori


Si tratta dei verbali di almeno una dozzina di incontri, tenuti il giovedì e il sabato tra il 1920 e il 1946 circa, da Gurdjieff. Dal contesto si deduce che fu proprio lui stesso, contrariamente a disposizioni prese in altri periodi del suo insegnamento, a stabilire che si trascrivessero gli incontri (in una delle trascrizioni lui stesso loda la persona che sta trascrivendo). Questi verbali, di cui vi presentiamo per la prima volta la traduzione in italiano, sono reperibili liberamente in lingua inglese nel web con il nome "gurdjieff40s.pdf", "(Ebook - Gurdjieff - ENG) - Gurdjieff - Gurdjieff Meetings in Paris Vol. 1.pdf" e "(Ebook - Gurdjieff - ENG) - Gurdjieff - Gurdjieff Meetings in Paris Vol. 2.pdf". Al momento presente la traduzione in italiano di tutti i verbali è quasi completa su dattiloscritto e ve le proporremo man mano che saranno trascritte su computer.






GURDJIEFF - INCONTRI A PARIGI

--------------------------------------------------------------------------------

7 dicembre 1941

Domanda: Accade qualcosa di intollerabile nel mio lavoro. Nonostante i miei sforzi non riesco a ricordare me stesso; ad ottenere una miglior qualità. Mi ci metto inutilmente per intere ore. Non ottengo risultati. Perché?

Gurdjieff: Questo deriva dal tuo egoismo. Particolarmente il grande egoismo in cui sei vissuto fino ad ora. Tu sei racchiuso in esso, devi uscirne. Per uscirne devi imparare a lavorare. Non solo per te stesso, ma per gli altri. Comincia con il lavorare sui tuoi genitori (con l'idea dei genitori ndt.). Devi cambiare il tuo scopo. Prendine uno nuovo, lo stesso di chi ti sta vicino, non importa chi, di chiunque, o scegli tra le persone intorno a te. Devi lavorare per te stesso utilizzando lo scopo di essere capace di aiutarli. Solo che sarà la lotta contro l'egoismo. Io vedo che avete un passato molto brutto, segnato da un egoismo particolare. Tutto il vecchio materiale viene a galla. E' per questo motivo che non puoi fare niente. E' normale; in accordo con l'ordine, alle leggi. Ma prima di raggiungere lo scopo, ci sono molte salite e discese. Questo dovrebbe rassicurarti. Questo potrebbe rassicurarti, io potrei rassicurarti completamente, ma tu devi lavorare su te stesso.

Domanda: Per uscire da questo stato di sofferenza, così vivido e così negativo. (Due tipi di sofferenza, una oggettiva, una soggettiva.) Posso fare uso di mezzi esteriori, assumere dell'oppio, per esempio?

Gurdjieff: No, devi lavorare su te stesso. Distruggere l'egoismo nel quale hai sempre vissuto. Prova quel che dico. Cambia il tuo scopo. Ora è necessario raggiungere un nuovo livello. Entrambi siete sulla strada per Gare de Lyon, ma prendete vie diverse, una che passa da Londra e una dall'Opera. Siete entrambi a circa la stessa distanza.

Domanda: Vedo la mia impotenza e la mia codardia. Non posso dire niente e fare niente per un altro. Poiché la mia testa non è lucida. Ho la sensazione se una cosa è giusta o no, ma non posso spiegare ancora il perché.

Gurdjieff: Tu non puoi dire o fare niente per un altro. Tu non sai di cosa hai bisogno per te stesso, non puoi sapere di cosa ha bisogno un altro. Lavora di proposito per lui. Ma recita la tua parte. Sii distaccato interiormente: Vedi.

PAGINA 02

Esternamente parla come fa lui (entra in sintonia ndt.), in modo da non urtarlo. Devi acquisire la forza per farlo. Recita una parte. Diventa doppio. Per adesso lavori come responsabile. Fai quello che ti dico, non puoi fare di più. Amore per il tuo prossimo; quella è la VIA. Porta a tutti quello che hai provato nei confronti dei tuoi genitori.

Domanda: Si ha questo desiderio fin dall'inizio del lavoro.

Gurdjieff: Certo, è la stessa cosa; sempre la stessa cosa che ritorna in gradazioni diverse. Ora ha un'altra gradazione. Tu devi superare questa crisi. Tutto arriva dal falso amore di sé, dall'opinione che si ha di sé stessi, che è una menzogna.

Domanda: Ogni cosa in me è stata messa sottosopra dall'esercizio - in tutto il mio lavoro. Ha portato via la gioia del lavoro, l'ha reso doloroso, senza speranza, mi sento come un asino che tira un pesante carretto su per la collina.

Gurdjieff: E' perché in te ci sono altre parti che sono state toccate. E' come un pittore che mischia sempre gli stessi colori e non c'è mai nessun rosso. Quando ci metter dentro il rosso, esso cambia ogni cosa. Devi continuare.

Domanda: Questo esercizio mi ha fatto sentire qualcosa che è nuovo per me; quando provo a farlo e pongo la mia attenzione su quel piccolo punto immobile e vedo che non posso trattenerlo, ho la sensazione della mia nullità e mi sembra di comprendere meglio l'umiltà. Questo piccolo punto è più grande di me.

Gurdjieff: Perché hai un cane in te che ti ostacola in ogni cosa. Si chiama insolenza verso sé stessi. Devi distruggere questo cane. Dopodiché ti sentirai padrone di questo puntino, che tu sei più forte ed esso è nulla. Io non ho fiducia nel tipo artistico che vive nell'immaginazione, ha le idee dietro la propria testa, non dentro, pensa di sentire ed esperire, ma in realtà è solo occupato con cose esteriori. Vive solo sulla superficie, al di fuori, non dentro, non in sé stesso. Gli artisti non sanno niente della realtà e immaginano di conoscerla. Non ti fidare di te stesso. Entra dentro di te, in tutte le parti di te. E' assolutamente necessario imparare a sentire e pensare nello stesso momento in ogni cosa che fai, in ogni giorno della vita. Sei una persona vuota.

PAGINA 03

Domanda: Come si dovrebbe pregare?

Gurdjieff: Lo spiegherò, ma è per dopo. Nel nostro sistema solare alcune sostanze emanano dal sole e dai pianeti, come quelle emanate dalla terra, entrano in contatto in certi punti del sistema solare. E questi punti possono riflettersi in immagini materializzate che sono le immagini invertite dell'Altissimo - L'Assoluto. Vi dico che è sempre esistita in immagine materializzata nella nostra atmosfera. Se la gente potesse avere abbastanza concentrazione da entrare in contatto con queste immagini, riceverebbe questa sostanza; in tal modo riceverebbero, senza stabilire un collegamento telepatico come con il telefono.

Domanda: Queste immagini si materializzano in forma umana?

Gurdjieff: Sì.

Domanda: Se qualcuno mette se stesso in contatto con questa immagine, e una seconda persona può mettere se stessa in contatto con lui, e una terza e una quarta, posso tutti ricevere questa immagine?

Gurdjieff: Se sette persone possono concentrarsi abbastanza da mettersi in contatto con questa immagine, essi possono comunicare, a qualsiasi distanza, tramite in collegamento stabilito tra di loro, e le sette ne formano una. Essi possono aiutarsi tra loro. Comunque, è solo spiegando qualcosa agli altri che uno comprende e assimila da sé completamente.

Domanda: Voglio sapere se materializzando l'immagine di un santo, questo mi porterà quello che desidero particolarmente.

Gurdjieff: Tu pensi come una persona ordinaria. Non hai nessun modo di materializzare niente ora. Per adesso prendi un compito di autosuggestione, così che una parte convinca l'altra e ripete e ripete all'altra che cosa hai deciso. C'è una serie di sette esercizi per lo sviluppo successivo dei sette centri. Citiamo il primo, il cervello, che è quello che conta nella vita ordinaria. (la testa è un lusso) gli altri, anche l'emozionale, che è il solo che è necessario è la spina dorsale, quella che devi sviluppare e rinforzare. Questo esercizio la rafforzerà. Allarga le braccia orizzontalmente ad un angolo preciso, contemporaneamente, fissa lo sguardo in un punto di fonte a te.

PAGINA 04

Dividi la tua attenzione esattamente tra il punto e le braccia. Troverai che non ci sono associazioni, non c'è posto per loro, così tu sarai occupato con il punto e la posizione delle braccia. Fallo da seduto, da in piedi, poi sulle ginocchia. Venticinque minuti ogni posizione, parecchie volte al giorno - o meno. Una volta ho avuto un allievo che poteva stare per due ore senza muovere le braccia di un centimetro. Su altre cose era una nullità.

Domanda: Quando desidero fare quegli sforzi per il lavoro, c'è una dura barriera nel mio petto, impossibile da superare. Che potrei Fare?

Gurdjieff: Non è niente. Non sei abituato a usare questo centro - è un muscolo che si contrae - solo muscolare. Continua, continua.

Domanda: Ho fatto questo esercizio fino a quando mi facevano male le spalle. Mentre lo facevo, ho avuto una sensazione di Io. Ho sentito me stesso distaccato, realmente Io.

Gurdjieff: Tu non puoi avere un "Io". L' "Io" è una cosa molto costosa. Tu sei a buon mercato. Non filosofeggiare, non mi interessa, e non parlare di "Io". Fai l'esercizio come un servizio, come un obbligo, non per i risultati (come l' "Io"). I risultati verranno dopo. Oggi è solo servizio. Solo quello è reale.

Domanda: Mi sento più in me stesso, come se fossi stato prima vicino ad una porta.

Gurdjieff: Non è una porta ma molte porte. Devi aprire ogni porta, impara a farlo.

Domanda: Ho lavorato in particolare sull'amor proprio.

Gurdjieff: Senza amor proprio un uomo non può fare nulla. Ci sono due qualità di amor proprio. Una è una cosa sporca. L'altra, un impulso, amore del vero "Io". Senza di questo, è impossibile muoversi. Un antico detto indiano dice - "Felice è chi ama se stesso, perché lui può amarmi" - Vedo dal rapporto di Mme. S. che nessuno mi ha compreso. Abbiamo bisogno di fuoco. Senza fuoco, non ci sarà mai niente. Questo fuoco è la sofferenza, sofferenza volontaria, senza la quale è impossibile creare nulla. Ci si deve preparare, bisogna sapere che cosa farà soffrire e quando è lì, fare uso di esso. Solo tu ti puoi preparare, solo tu sai cosa ti fa soffrire, fai il fuoco che cuoce, cementa, cristallizza, fa. Soffri per i tuoi difetti, nel tuo orgoglio, nel tuo egoismo. Ricorda te stesso, dello scopo.

PAGINA 05

Senza sofferenza preparata non c'è niente, per quanto si possa essere consapevoli, non c'è più sofferenza. Nessun altro progetto, nulla. Questo perchè con la tua coscienza tu devi preparare cosa è necessario. Tu appartieni alla natura. Il cibo che mangi, che nutre la tua vita. Tu devi pagare queste sostanze cosmiche. Hai un debito, un'obbligazione, da ripagare con il lavoro conscio. Non mangiare come un animale, ma rendi alla natura quello che ti ha dato, la natura, tua madre. Lavoro - una goccia, una goccia, una goccia - accumulato durante il giorno, mesi, anni, secoli, forse darà risultati.

Domanda: Sono arrivato al punto di essere infelice, ogni cosa mi è disgustosa, di nessun interesse.

Gurdjieff: E quel fazzoletto sistemato così a modo nel tuo taschino? Quello ti interessa. Bene, la natura vuole il tuo bene, ne sono felice. Lei ti conduce al lavoro reale rendendoti tutto il resto disgustoso - è un particolare passaggio che devi fare. Più lavori, più verrai fuori da questa scomodità, questo vuoto, questa mancanza.

Domanda: Anche il lavoro mi è disgustoso.

Mme de Salzmann: Perché tu non lavori, non c'è mai nessun lavoro con te, niente tra noi anche quando siamo insieme - è il vuoto. Una persona non può portare tutto da sola. Sei tu che devi fare lo sforzo per te stesso. Stasera è lo stesso. Nessuno è lì - nessuno fa lo sforzo.

Gurdjieff: Poi si deve cambiare il modo di lavorare. Invece di accumulare per un'ora, si deve provare a mantenere costantemente la sensazione organica del corpo. Sentire il proprio corpo ancora, senza interrompere le proprie occupazioni ordinarie - mantenere un po' di energia, per prendere l'abitudine. Ho pensato che l'esercizio ti avrebbe permesso di mantenere l'energia a lungo, ma vedo che non è così. Bagna un fazzoletto, strizzalo, mettilo sulla tua pelle. Il contatto ti farà ricordare. Quando è asciutto, ricomincia. LA CHIAVE DI OGNI COSA - Rimani distaccato. Il nostro scopo è quello di avere costantemente la sensazione di noi stessi, della propria individualità. Questa sensazione non può essere espressa intellettualmente, poiché è inorganica. E' qualcosa che ti rende indipendente, quando sei con altre persone.

lunedì 24 marzo 2008

ostacoli - Le emozioni negative

Prosegue l-analisi degli ostacoli. Ricordatevi che l-articolo continua nel sito e non nel blog
Buona lettura e buon lavoro.
E.

Cosa sono le emozioni negative?
Secondo il sistema della Quarta Via le emozioni negative sono un apparato artificiale dell'uomo sviluppato e nutrito sin dall'infanzia attraverso l'educazione all'espressione delle emozioni in modo errato. Un esempio di questo è rappresentato dal bambino che impara a dare la colpa a qualcun'altro per evitare una punizione, che da adulto si convincerà che ciò che gli accade è responsabilità di altri, che devono prendersi cura, o creare per lui le condizioni necessaire alla sua esistenza e che, nel caso in cui questo non avvenga nei termini da lui immaginati, spenderà gran parte della sua vita all'insegna della lamentela e del dissenso per quello che non gli è stato dato.

Se osserviamo con attenzione, ognuno esprime, durante la giornata, differenti tipi di emozioni negative come i cattivi umori, le preoccupazioni, l'attesa di qualcosa di sgradevole, il dubbio, la paura, un sentimento di offesa o l'irritazione.
Alla base delle emozioni negative vi è un atteggiamento che le nutre e permette il
loro mantenimento ed esistenza. Ogni qualvolta qualcosa non ci torna o qualcuno fa qualcosa di sbagliato nei nostri confronti, evochiamo e nutriamo un gruppo di Io che giustifica la nostra negatività. Molto difficilmente ci rendiamo conto che ciò che riceviamo è collegato a quello che siamo e, poiché non conosciamo noi stessi, pensiamo che sia solo una responsabilità del modo esterno se le cose non sono come le immaginiamo o desideriamo. Dietro ad un'espressione di negatività si trova sempre un'indulgenza nei confronti di una nostra debolezza, data da una difficoltà a vedere e compiere uno sforzo per migliorare.
CONTINUA

sabato 22 marzo 2008

Il Lavoro su di Sé

Continua la traduzione del libro di Bennett. Non sto seguendo un ordine preciso, i capitoli che più mi colpiscono sono quelli che vengono tradotti prima, ringrazio Guido e Gianni per il loro aiuto di traduzione e revisione del materiale e rinnovo l'invito a tutti quelli che hanno una conoscenza sufficiente della lingua inglese a partecipare a questo lavoro, vi è ancora tanto materiale che vale la pena tradurre.
Buona lettura e buon lavoro,
E.


E’ molto importante per me ricordare al lettore che il concetto di “nulla” che deve diventare “qualcosa” si trova alla base ti tutti gli insegnamenti religiosi. E’ la dottrina della rinascita, della morte e della resurrezione che, per quanto espressi differentemente, hanno sempre lo stesso contenuto. Il suo significato e valore è però perso se il suo carattere paradossale viene attenuato. Il sincero sfogo, “Insensato, quel che tu semini non è vivificato, se prima non muore” è detto dal cuore di chi ha visto nella sua propria esperienza l’insensatezza di parlare di rinascita senza morte. Gurdjieff parlava di questo come della “morte del ‘Tiranno’ da cui proviene la nostra schiavitù in questa vita.” Questi sono tutti i frutti importanti dell’auto osservazione condotta correttamente. Nella realizzazione della mia nullità, vedo che la mia vita è vissuta come schiavo di un “Tiranno” inesistente, che è l’Io immaginario di quelle speranze, paure ed immaginazione per cui spendo le mie energie. Questo è perché la realizzazione della propria nullità è anche chiamata “la prima liberazione dell’uomo.”
Abbiamo qui il secondo decisivo test che deve essere applicato ad ogni insegnamento. Se esso inizia con l’affermazione che un uomo “è” già, e si offre di mostrargli solo come aumentare il suo potere e il suo valore, è necessariamente e dimostrabilmente falso. Anche se insegna la necessità della rinascita, ma non mostra che prima di poter nascere, egli deve prima morire, esso non possiede la verità. Anche se insegna che una persona deve morire, ma presenta l’idea come un’esperienza emozionale, una rinuncia cosciente di qualcosa che possiede già, è ingannevole e pericoloso. Questo è perché la frase “la realizzazione della propria nullità” è sicura e molto esatta. Ma questa realizzazione può solo giungere dall’abilità di vedere oggettivamente cosa sia esistere, e cosa sia il non esistere. La conoscenza dell’esistenza e della non esistenza è inseparabile l’una dall’altra, così come la conoscenza di caldo e freddo, buio e luce. Fino a che non posso distinguere e esperire i due stati – non conosco oggettivamente nulla di loro.
Da questo, raggiungiamo il terso stadio del “lavoro su di sé.” La realizzazione della propria nullità non è la perdita di speranza. Non voglio dire con questo che la disperazione può essere del tutto assente anche dal lavoro condotto correttamente; ma il suo sorgere e significato sono chiaramente differenti dalla realizzazione della propria nullità. Chiarirò questo successivamente. Prima, è necessario arrivare ad afferrare il significato della domanda “lavorare su di sé”. Per questo dobbiamo tornare sul concetto dell’uomo come essere con tre cervelli. Ho fatto riferimento a questi tre cervelli rispettivamente come la forza affermativa, contraria e neutralizzante nella triade dell’esperienza umana. Questa idea può essere facilmente fraintesa. Porre la mente e il corpo in conflitto rispettivamente come forza affermativa e contraria sembra portarci solamente all’ascetismo, che è il soggiogare il corpo come fine per se stesso. Frasi come “ha iniziato a lavorare consapevolmente con una completa assenza di misericordia verso la sua parte contraria e a creare intenzionalmente condizioni di disturbo per questa parte in se stesso” ha tutto il sapore di una mortificazione corporale tipico del Benedetto Henry Suso di San Pietro di Alcantara. Ognuna di queste interpretazioni è contraddetta dall’insistenza delle obbligazioni verso il nostro corpo planetario, e al “fare richieste ad esso solo in relazione alle sue possibilità intrinseche.” Ogni lavoro che ha delle conseguenza indesiderabili per il corpo planetario non deve essere sottovalutato, per quanto ci possa piacere e per quanto ci possa interessare. Ma i doveri verso il corpo planetario sono espressi più specificatamente nella “Organizzazione dell’Esistenza dell’Uomo Creata dal Molto Santo Ashiata Sheimash” dove il primo obbligo deve consistere nello sforzo per l’uomo “di avere, nella sua esistenza ordinaria, la soddisfazione di quanto sia realmente necessario al suo corpo planetario.”
L’apparente contraddizione sorge dalla confusione fra il cervello sensibile e il corpo planetario, più avanti descritto come “solo una formazione cosmica dipendente, consapevole di nulla.” Non può prendersi cura di se stesso, deve essere prima trattato in maniera corretta in modo che possa servire le parti che sono state spiritualizzate correttamente.
Le sorgenti affermative e negatorie nell’uomo sono “il cervello della sua testa ed il cervello della spina dorsale.” Nella condizione ordinaria della vita meccanica, questi due cervelli funzionano quasi completamente senza nessun contatto l’uno con l’altro, e non vi è fra di loro nessuna relazione di affermazione e negazione. Quando, comunque, un uomo comincia a comprendere il processo in cui la materia è trasformata nel suo organismo per la formazione delle parti più elevate di lui, egli vede che una particolare sequenza si stati fisici è richiesta. Per esempio, può essere necessario per il suo corpo, durate certi periodi, di rimanere in una certa posizione per rendere possibile il procedere di un processo particolare di trasformazione e assimilazione dell’energia. L’uomo conosce questo con la sua mente, ma il risultato deve essere ottenuto attraverso il corpo sensibile. Egli assume la postura, ma se ha imparato ad osservare, sente che questa è piena di imperfezioni. Con la mente, chiede più esattezza e maggiore concentrazione. Per quanto il suo cervello sensibile può procedere nella direzione richiesta, non è abbastanza; la concentrazione non penetra nel suo organismo completamente. La sua mente dice, “non posso.” Questa è l’affermazione e la negazione che costituiscono la relazione del lavoro si di sé.
Il ruolo del cervello emotivo è quello di portare e sostenere la comprensione che arriva dalle passate esperienze di successo e fallimento. È solamente quando è presente nel cervello emozionale la realizzazione della mia nullità, che è l’esperienza della non esistenza in relazione all’esperienza, in cui l’affermazione e la negazione del mio pensiero e sensazione può essere unito nella singola esperienza di “Io posso perché devo.” Per primo e indubitabilmente ovvio è che tutto il lavoro su di sé si risolve in una triade composta dalle forze di affermazione, negazione e riconciliazione nel cervello del pensiero, delle sensazioni e delle emozioni. Ma questo non può essere compreso sino a che l’uomo non ha una genuina esperienza del lavoro su di sé. Questo è perché è impossibile, o piuttosto indesiderabile, cercare di descriverlo. “Conosce solo colui che lo ha provato.”
La creazione di un nuovo essere in se stesso consiste nel creare qualcosa dal nulla. Questa è una impossibilità, ed è impossibile. Questo è perché la disperazione deve sempre entrare nel lavoro su di sé. Disperazione è realizzare che quello che sto cercando di fare è impossibile, ed allo stesso tempo che è necessario e non vi è via di uscita da esso.

giovedì 20 marzo 2008

Principi 2

…La stessa cosa è applicata alle descrizioni di Gurdjieff dei corpi dell’uomo. Qualche volta ha addirittura parlato dell’uomo come se avesse un solo corpo. Qualunque fosse la descrizione, si riferiva a qualcosa; ma cercare di ridurre tutto ad uno schema dove ogni cosa è contrassegnata non ha senso. Le differenti descrizioni sono solo un segnale per aiutarci a sentire la direzione da seguire, oltre le limitazioni della nostra comprensione e consapevolezza. Esse non sono realmente descrizioni. Sono più come evocazioni, per far sorgere in noi il senso della possibilità di un differente modo di fare le esperienze. Forse possono aiutarci ad organizzare le nostre esperienze nel modo in cui le viviamo.

Questo estratto dal libro di BennettTalkes on Belzebub’s Tale” è importante perché spiega il giusto atteggiamento nei riguardi delle idee del Sistema e delle loro descrizioni.
La cosa di maggiore importanza in questo estratto è la puntualizzazione che le descrizioni o le idee non devono essere ridotte ad uno schema, nel lavoro su di se non devono usare come scudi di fronte all’esperienza, ma devono diventare i veicoli dell’esperienza individuale.
Le idee e le definizioni hanno valore nel divenire la terza forza delle nostre esperienza, nel verificare la loro portata apriamo dei canali e delle possibilità in noi stessi che altrimenti non avremmo aperto. Delle idee e delle definizioni possiamo nutrirci sino a che riconosciamo il loro valore e potenziale, e questo da un lato è nutrito dalla verifica del loro “potere”, dall’altro, nel momento in cui non vendono più usate in maniera corretta, divengono la nostra prigione.
Tante volte le persone rimangono imprigionate dalla forma di un’idea piuttosto che dalla dinamica della sua applicazione nella vita reale, questo genera il drammatico proliferare di sette e persone “danneggiate” dal lavoro. Dobbiamo fare molta attenzione alla relazione che abbiamo con le idee e le definizioni e verificare di continuo, soprattutto attraverso l’aiuto di chi ci sta vicino, la direzione che stiamo seguendo.
Questo lavoro richiede tempo, e prendere una direzione invece di un’altra è facile. Ricordare questo principio è importante in relazione a quello che studiamo e facciamo della nostra esperienza del lavoro, per diminuire l’incidenza di ottave laterali che possono farci perdere tutto quello per cui abbiamo lottato.

Buon lavoro.
E.

martedì 18 marzo 2008

Ostacoli - Il Mentire

Continua l'analisi degli Ostacoli.

Il Mentire

Per dire la verità bisogna essere capaci di conoscere cosa è la verità e cos'è una menzogna, prima di tutto in se stessi.
Gurdjieff (Frammenti di un Insegnamento Sconosciuto)


La Menzogna è un ostacolo al lavoro su di sé, ed è uno dei più invisibili. Il principio del mentire nel lavoro non si riferisce ad un'evidente falsificazione di qualcosa, ma la sottile convinzione di sapere cose "normali" di cui in realtà non si sa nulla.
Chi mente è convinto di quello che dice, per questo non considera di stare mentendo. La personalità si nutre della menzogna per affermare se stessa nel mondo. L'uomo che mente bene è un uomo interessante.

Bisogna imparare a dire la verità. Le persone mentono di continuo agli altri e a sé stesse, per questo nessuno comprende ne gli altri ne se stesso.
Domandati: potrebbero esserci tante discordie, profondi malintesi e tanto odio verso il punto di vista o l'opinione altrui se le persone fossero capaci di comprendersi l'un l'altro?
Frammenti di un Insegnamento Sconosciuto

La comprensione della menzogna è un lavoro individuale, nessuno può veramente convincerci che stiamo mentendo, anche di fronte a delle "prove schiaccianti" saremo sempre in grado di opporre qualche "ragione" che reputiamo più che valida. E' necessario aver verificato la menzogna negli altri e di conseguenza in noi stessi per poter avere abbastanza coraggio da iniziare a lavorare su di essa. Una delle espressioni della menzogna che maggiormente possiamo verificare è il desiderio che le cose siano diverse da quelle che sono. Pensiamo troppo spesso che qualcosa sarebbe migliore se fosse differente, ma in realtà non ci rendiamo conto che se una cosa avesse potuto essere differente lo sarebbe stata. Invece di trovare scuse, incolpando il mondo esterno, dobbiamo iniziare ad osservare le nostre manifestazioni in differenti circostanze; in questo risiede la nostra possibilità cambiare le cose.
Non possiamo chiedere a nessuno di non mentire e non possiamo lamentarci con chi ci circonda delle sue menzogne, con molta probabilità non ne è consapevole.
Si deve studiare molto per molto tempo per poter un giorno dire la verità. Dopo un certo tempo nel lavoro si incomincia a vedere meglio se stessi, si mente meno e questo ci rende meno interessanti agli altri.

Per l'uomo odierno l’idea di verità e menzogna non ha senso perché il suo reale significato è collegato allo stato in cui egli si trova. Qualche volta un uomo dice la verità e qualche volta mente, questo dipende dallo stimolo a cui sta reagendo, è per questo che un uomo ordinario è inaffidabile. Se dice la verità o mente è dovuto a cause accidentali, le parole, i sentimenti e quello che prova sono menzogne perché ne è inconsapevole.

Le menzogne sono collegate al gruppo di Io in cui ci troviamo, al cambiare degli Io cambiano i parametri di verità e menzogna. Le verità dell'uomo ordinario cambiano di continuo, o possono rimanere più o meno fisse grazie ai suoi ammortizzatori (respingenti). Ogni gruppo di Io è "circondato" da respingenti che impediscono alla persona di vedere le menzogne che si racconta.
CONTINUA

venerdì 14 marzo 2008

PROLOGO

Continua la traduzione del libro di Bennett.
Buona Lettura,
E.

E’ mezzanotte passata. Per circa due ore, quindici o venti allievi Inglesi e Americani hanno ascoltato la lettura della Seconda Serie dei suoi scritti. In un’altra stanza, venticinque o trenta membri del gruppo francese stavano ascoltando lo stesso capitolo in francese. Adesso siamo seduti intorno al tavolo, tutti quelli che possono essere contenuti nella piccola sala da pranzo ed altri stanno mangiando la loro cena seduti sul pavimento nella stanza accanto dove si era tenuta la lettura in francese.
Molte facce sono familiari, ma ci sono due visitatori dalla Grecia che non avevamo visto prima, che occupano il posto d’onore alla sua destra, e due nuovi arrivati dall’America che sono vecchi amici di molte delle persone nella stanza. La stanza è molto affollata, ma non c’è trambusto nel servire, i piatti erano stati portati prima e le portate sono cambiate in silenzio da quelli che si trovano dietro il tavolo, che stanno a loro volta mangiando dalla mensola del caminetto.
Tutta l’attenzione è rivolta verso Gurdjieff. Il pasto ha raggiunto l’apice che tutti stavano aspettando. E' stato fatto un brindisi che serviva come testo per il sermone che, per quanto molte volte ripetuto, sembrava solo guadagnarne per questo in forza drammatica.
“Ognuno deve avere uno scopo. Se non avete uno scopo, non siete uomini. Vi dirò un semplice scopo, morire di una morte onorevole. Ognuno può prendere questo come suo scopo senza nessun filosofeggiamento – non morite come cani”. Poi ha chiesto a qualcuno dei presenti di spiegare cosa questo volesse dire, e la risposta fu “Solo chi ha lavorato su di se' nella vita può morire di una morte onorevole. Chi non lavora su di se' nella vita inevitabilmente prima o poi perirà come uno sporco cane”. Gurdjieff ripeté che questo era il primo e il più semplice scopo che ogni uomo deve darsi prima di tutto, e solamente quando ha raggiunto questo può procedere oltre per uno scopo più alto. Come sempre, fece diventare la conversazione un gioco, ed in un minuto la stanza era scossa dalle risa per via di una storia circa le peculiarità degli Inglesi. Ma l’impressione della profonda serietà della nostra condizione umana rimaneva, della scelta con cui ci confrontavamo tra la vita e la morte.
Il pasto continua, e durante la conversazione con uno dei nuovi arrivati, Gurdjieff inaspettatamente dice, “Ti dirò il primo comandamento di Dio all'uomo. Questo non è uno dei comandamenti che fu dato a Mosè, che erano per persone speciali, ma uno dei comandamenti universali che sono sempre esistiti. Ve ne sono molti, forse venti, ma questo è il primo. ‘Lascia che una mano lavi l’altra.’ E’ molto difficile per una mano lavarsi da sola, ma se una mano lava l’altra , entrambe saranno pulite.” Parole semplici, ma dette così penetravano alla radice dell’egoismo presente in ognuno di noi. Ci guardavamo l’un l’altro con occhi diversi, comprendendo che da soli eravamo senza speranza, e realizzare che c’era qualcosa che ci legava con qualcosa di più forte dell’amicizia o della razza o del credo. Anche chi era completamente estraneo in mezzora si era unito a noi in una comprensione comune.
Gurjieff è molto stanco. Mangia con difficoltà, C’è un lungo silenzio. Qualcuno gli pone una domanda circa la pubblicazione di Belzebù. Parla dei suoi scritti, e dice che sono i suoi soldati. Con essi farà guerra al vecchio mondo. Il vecchio mondo deve essere distrutto al fine di permettere al nuovo mondo di nascere. I suoi scritti faranno molti amici ma anche molti nemici. Quando saranno pubblicati, egli sparirà. Forse non ritornerà. Abbiamo protestato dicendo che non potevamo lavorare senza di lui. Se fosse scomparso lo avremmo seguito. Sorrise e disse, “forse non mi troverete.”
Il pasto finisce, il caffé è servito. Gurdjieff si fa portare il suo strumento musicale preferito, un organetto con una forma particolare, e suona un lungo corale su una scala greca. Ce ne andiamo alle 2:30. Tre visitatori tornano in Inghilterra al mattino presto poche ore dopo perciò partono carichi di doni di cibo in regalo per le loro famiglie.

J.G. Bennett, 1950

giovedì 13 marzo 2008

Ostacoli - L'immaginazione

A seguito del post sugli ostacoli ho fatto un analisi più dettagliata dei singoli ostacoli, di seguito l'immaginazione, seguiranno nel tempo gli altri.
Buona lettura e buon lavoro.
E.

L'uomo è una macchina stimolo risposta; questo vuoi dire che ogni stimolo che riceviamo evoca una risposta automatica. Ma da dove vengono queste? Nel corso della vita, dall'infanzia all'età adulta, accumuliamo informazioni, atteggiamenti, idee e concetti che sono registrati all'interno dei centri che formano la struttura dell'essere umano. Tutte queste informazioni sono collegate a particolari circostanze e avvenimenti e sono riproposti quando uno stimolo ha una relazione con l'evento precedente.
Possiamo osservare come, ad esempio quando stiamo guidando la nostra autovettura, che le immagini che vediamo portano con se' il ricordo di qualche associazione di pensiero, se vedo una mamma con il suo bambino penso a mio figlio o se vedo due persone che si baciano posso pensare a mia moglie o al film d'amore visto la sera prima. Ogni stimolo evoca una risposta. La risposta generata è ciò che dobbiamo osservare quando parliamo di Immaginazione.
Il processo meccanico associativo dei pensieri, ricordi e proiezioni, portato avanti senza controllo è quello che, nel sistema della Quarta Via, viene chiamato Immaginazione, è il sognare ad occhi aperti, con la differenza che non ci accorgiamo che è la condizione in cui ci troviamo per la maggior parte del nostro tempo.
Il tipo di immaginazione, in questo caso, non è quella creativa, che è l'espressione di un pensiero intenzionale volto ad un fine, ma il pensiero associativo che semplicemente accade, in cui ci perdiamo da un sogno ad un altro, da un'associazione di pensiero ad un'altra senza minimamente renderci conto di quello che accade.
Possiamo verificare che questo tipo di pensiero non lascia traccia: se abbiamo un momento di maggiore consapevolezza dopo un periodo di immaginazione difficilmente ricorderemo i pensieri che abbiamo avuto.
CONTINUA...

mercoledì 12 marzo 2008

La Legge del Sette - Le fasi dell'ottava

Da questo post inizia un nuovo progetto. E' stato creato un sito per accogliere le idee della Quarta Via che sono state già pubblicate su questo Blog e che verranno pubblicate in futuro. La trattazione di molte di esse è lunga e sul Blog non sono organizzate in maniera da essere facilmente consultabili, quindi sul Blog appariranno solo in forma ridotta con un link diretto al nuovo sito che le contiene per intero.

Buon Lavoro.
E.

Le ottave sono composte da tre fasi, nelle ottave ascendenti queste prendono il nome di Preparazione, Esecuzione e Compimento. Questi sono nomi generali e devono essere considerati al fine di spiegare e non in maniera letterale, potremmo alternativamente usare i termini di raccolta delle informazioni, realizzazione e raffinamento. Nelle ottave discendenti possono essere espresse con i termini, Concepimento, Maturazione, Espressione o stimolo, associazione, reazione.

Nell’enneagramma le tre parti di un’ottava sono rappresentate dai lati del triangolo inscritto nel cerchio. I punti del triangolo che toccano la circonferenza hanno un significato ben preciso nello svolgersi dell’ottava. Nelle ottave ascendenti il primo punto corrisponde al DO dove si trova l’impulso iniziale dell’ottava, fra il MI ed il FA è l’influenza esterna che serve per colmare l’intervallo e proseguire nell’ottava, e tra il SOL è il FA è un punto particolare, siamo a metà strada e un grande lavoro è stato fatto, siamo nel mezzo, l’inizio e la fine sono equidistanti quindi non vediamo chiaramente la fine e sappiamo che tornare indietro è altrettanto lungo e difficile; adesso dobbiamo raccogliere quello che ci serve per avviarci alla fine con tutto quello che comporta. Gurdjieff chiamava questo punto influenza intenzionalmente inclusa, è qui che iniziamo la preparazione per l’ultimo intervallo, il SI DO dell’ottava.

Le note dell’ottava disposte in senso orario sulla circonferenza mostrano lo sviluppo dell’ottava nel tempo e le connessioni interne mostrano i legami di ogni singola nota con le diverse fasi dell’ottava nel loro orientamento, mostrano le connessioni “al di fuori del tempo lineare”. Sono i sostegni delle differenti fasi dell’ottava. In questo senso esprimono il concetto di come tutto è collegato e dalla loro connessione risulta la possibilità di concludere l’ottava. A proposito delle connessioni interne è importante sottolineare quanto l’esperienza fatta in una data ottava sia importante al fine di creare legami forti tali da poter sostenere le ottave successive.
Per fare un esempio, se è la prima volta che costruisco qualcosa, e non faccio per niente attenzione alle differenti fasi della costruzione, non avrò creato una memoria sufficientemente forte da sostenermi in un’esperienza successiva, ma se sono riuscito ad essere più consapevole delle mie azioni e di quello che faccio, le volte successive la mia memoria e comprensione diventerà il sostegno per le nuove ottave.

Dei deboli legami interni dell’ottava fanno si che essa devii in altre ottave laterali in base alla legge di minima resistenza, che porta lo sviluppo delle forze a cercare l’espressione con apparente minore dispersione di energia, nutrito dall’inganno della semplicità.
CONTINUA

sabato 8 marzo 2008

Pratica 3

Domanda: Vorrei avere più informazioni in merito alla parte istintiva del centro emozionale dove gran parte delle emozioni negative sono create....se capisco il meccanismo di questo vuol dire che avrò la comprensione della totalità delle origini di queste creazioni negative? (premetto che chi scrive non è di madre lingua italiana)

Per quanto riguarda la parte meccanica del centro emozionale, non è in quel centro che si generano le emozioni negative, esse appartengono ad un centro "artificiale" che si è creato durante la nostra vita per imitazione degli atteggiamenti delle persone e per assimilazione della cultura in cui siamo cresciuti.

Il lavoro sulle emozioni negative è un lavoro di conoscenza di noi stessi, delle ragioni per cui un certo stimolo evoca in noi certe risposte. Le emozioni negative sono una parte di energia che non viene usata e che viene eliminata, se impariamo a comprendere perché si creano e da dove, e a vedere diversamente le stesse cose, impariamo a dirigere questa energia per la nostra crescita, se le esprimiamo semplicemente perdiamo quello ci servirebbe per avere un maggiore controllo.
E' come dire che ho dei soldi a disposizione ed invece di pensare come spenderli compro la prima cosa che vedo e poi non ne ho più per quello che è veramente importante.

C'è tanto da dire sul modo di osservare e lavorare praticamente sulle emozioni negative, sto scrivendo un articolo che analizza le emozioni negative come ottava discendente, spero che sia ultimato presto. Un consiglio pratico per adesso è quello di comprendere che non sono reali, e questo lo puoi fare provando, quando ti è possibile, a dare, nel caso di emozioni negative più leggere, delle risposte diverse. Un esercizio è quello di cambiare la risposta che diamo alla negatività quando guidiamo. Quando qualcuno ci taglia la strada o fa qualcosa che ci irrita, diventiamo negativi, spesso questa negatività è causata dal fatto che siamo così concentrati su noi stessi che pensiamo di aver ricevuto un torto, questa è la radice dell'emozione negativa. A questo punto, facciamo lo sforzo di non pensare subito a noi stessi, ma di osservare la persona che ci ha "fatto il torto", se la guardiamo, nella totalità dei casi verificheremo che quella persona non sa nemmeno quello che sta facendo, è così assorbita dal suo mondo che non si può rendere conto di quello che ha fatto. Questa osservazione ci aiuta a comprendere come, una volta che ho cambiato la direzione dell'impulso che genera l'emozione negativa, questa inizia a perdere intensità, ho usato l'energia che potevo sprecare per l'osservazione. E' un esercizio preparatorio ed in esso dobbiamo cercare verifiche di quanto detto.

Spero di esserti stato utile.
A presto,
E.

venerdì 7 marzo 2008

I commentari di Belzebù - progetto traduzione

Nel progetto dei commentari di Belzebù, che sinceramente sembra essere entrato in un intervallo, si è affacciato un testo molto interessante di Bennett che potete scaricare in versione inglese QUI.

E' comunque interessante l'idea di tradurlo per chi non legge l'inglese.
Di seguito l'ultimo capitolo, dove Bennett racconta il suo incontro con G nell'ultima settimana della sua vita.
Se siete interessata partecipare alla traduzione fatevi avanti.
Buona lettura.
E.

Discorsi su I racconti di Belzebù.
di J. G. Bennett


EPILOGO

Il 20 ottobre 1949 mi recai a Parigi. Telefonai per avere notizie di Gurdjieff, mi dissero che era completamente esausto e si era ritirato nella sua stanza. Il taxi dall'aeroporto mi portò attraverso Rue des Acacias e mi fermai e domandai novità a una delle numerose persone li presenti. Quando mi girai vidi Gurdjieff in piedi di fronte al banco della frutta del suo fruttivendolo preferito e quando lo raggiunsi stava ordinando un grande casco di banane "pour les anglais" (per gli inglesi). Era una delle sue prese in giro il raccontare che gli inglesi non avessero banane, e ad ogni visitatore inglese ne dovevano essere date almeno due a pasto.
Camminai con lui alla volta del suo caffè all'incrocio con Rue des Acacias e Avenue MacMahon. Non aveva messo piede fuori di casa da una settimana ed un flusso infinito di mendicanti francesi, e vecchi esuli russi ed armeni si presentavano al suo tavolo a chiedere l'elemosina. Invalidi - un ragazzo paralitico - una donna evidentemente vicina alla disperazione - lo avvicinarono. Poche calme parole di consiglio - alcune medicine - o istruzioni per il dottore - ed essi se ne andavano con un'aria di incoraggiamento e rinata speranza. Alcuni arrivarono e gli diedero una grossa somma di denaro come offerta per una paralisi curata. Fu subito distribuita ai mendicanti. Bambini venivano per le caramelle, e vecchi amici del quartiere per dire una parola di saluto. Tutti riuniti nella speranza che adesso sarebbe tornato forte di nuovo - nessuno sospettava che lo stavano vedendo per l'ultima volta.

L'ultima settimana di Gurdjieff fu così. Fu come se avesse deciso di non lasciare nulla di irrisolto, niente in disordine alle sue spalle. Infatti le settimane che seguirono la sua morte, ci rendemmo conto con crescente stupore della cura meticolosa che aveva avuto per ogni cosa.

giovedì 6 marzo 2008

la pratica 2

Ciao E.,
non è solo la verifica della mia meccanicità lo stimolo al cambiamento, ma è anche la consapevolezza che questa meccanicità mi limita fortemente. Ti faccio un paio di esempi,
mi prefiggo di fare qualcosa per il mio lavoro o le mie attività, mi faccio un programma e poi regolarmente non riesco a portarlo a termine, c'è sempre qualcosa che rema contro, un sabotatore interno.
la mia miopia. Credo che ci sia un problema tra il centro motorio e gli altri centri, qualcosa non va, c'è uno squilibrio di funzioni. Forse il centro emotivo va a sovrapporsi al centro motorio o istintivo o qualcosa del genere. Ed inoltre, come l'esempio precedente, se mi prefiggo di fare una serie di tecniche per migliorare la vista, non riesco ad essere costante perché ci sono sempre nuovi stimoli e nuove cose da fare che mi sballottano qua e là. So benissimo che quelle tecniche funzionano, ma faccio fatica a rimanere "fermo".Osservarmi non è facile. Inizio e poi vado avanti per qualche minuto, poi sopravvengono altri pensieri ed adieu!Comunque oggi ho cominciato attivamente e mi sono anche procurato il libro di Ouspensky "Frammenti di un insegnamento sconosciuto". Va bene per cominciare?


Ciao GC,
quello che scrivi è molto interessante, parli esattamente di quella frustrazione che iniziamo a provare di fronte alla verifica della nostra mancanza di unità, una parte sceglie ed un'altra non ne sa nulla e appena un nuovo stimolo arriva dimentica tutto quello che è successo precedentemente e segue il nuovo.
Ricordati che il lavoro richiede tempo, non basta vedere per cambiare, quello è indispensabile, ma è necessario un percorso di comprensione e sviluppo per poter apportare dei cambiamenti in maniera tale da non arrecare danni da altre parti.
Una delle leggi fondamentali di cui si parla nel sistema è la legge del Tre, questa, per farla semplice, mostra che tra due forze esisterà sempre una sorta di bilanciamento e che quindi non è possibile un reale cambiamento. Nella dualità tra bene e male, giusto e sbagliato rimaniamo imprigionati in un onda da cui non si esce. La terza forza è qualcosa che dobbiamo scoprire e usare per poter sperare in un cambiamento reale.
Devi creare degli scopi alla portata delle tue possibilità questo ti aiuterà a scoprire le vie di accesso ad obiettivi più grandi.
Il tuo scopo in questo momento è diventare consapevole della meccanica delle cose, cerca di osservare il momento di passaggio dal tuo scopo ai desideri o disattenzione della macchina, cosa ti porta lontano, perché quale è la sua forza e su cosa fa leva in te. Insieme a questo cerca di farti, a livello intellettuale, un'idea chiara delle divisioni dei centri, delle loro funzioni, riflettici crea delle ipotesi e portale con te durante il giorno, vedrai che si attaccheranno o verranno confutate dalle tue azioni, in questo modo la comprensione che guadagni è tua e torna a te.
Fai questo esercizio:
quante più volte puoi durante la giornata, cerca di rallentare il flusso degli Io. Questo è direttamente collegato al tuo livello di attenzione, se sei nelle parti meccaniche dei centri non puoi avere attenzione, se sei in quelle emozionali essa sarà attratta da qualcosa e quindi catturata, per poter rallentare dei fare lo sforzo di focalizzare la tua attenzione, vale a dire essere nelle parti intellettuali dei centri, riflettere in maniera neutrale su quello che stai osservando o agendo e raccogliere l'informazione, cerca in abbinamento di non giudicare il momento ma di prenderlo per quello che è e ricordare da cosa è formato. Scrivilo, è parte dell'esercizio, la scrittura rappresenta una forzatura alla costanza se ti basi solo sul pensiero facilmente lascerai correre, se devi scrivere diciamo su base giornaliera almeno un'osservazione, hai un piccolo obbligo di costanza che ti può aiutare e che genererà la frizione tipica della decisione che deve essere portata avanti. Gurdjieff diceva di prendere uno scopo e di farne il proprio Dio, rifletti su cosa questo significa per te e porta la tua comprensione in questo esercizio. Datti almeno 5 giorni di esercizio.

Spero che ti sia di aiuto.
A presto,
E.

mercoledì 5 marzo 2008

la pratica 1

Ho ricevuto una mail da un lettore del blog che chiede come iniziare il lavoro, è un bello scambio perché per poter rispondere ad una domanda è necessario aver vissuto la domanda. Se una risposta è meramente un esercizio dialettico e teorico non può avere nessuna forza a non può aiutare nessuno in questo cammino.
Ho chiesto l'autorizzazione a GC per pubblicare parte delle domande e risposte di questo scambio che abbiamo perché ritengo che possa essere utile anche ad altre persone che frequentano il blog.
Resta comunque che ogni risposta che viene data è riferita personalmente a GC perché il lavoro pratico può essere svolto solo nello specifico e in considerazione delle contingenze reali.
Questi sono i primi passi conoscitivi, per poter procedere lo scambio fra chi lavora deve diventare più concreto, si deve creare come dicevo in un precedente articolo una relazione di mutua sincerità e fiducia, che nasce solo dalla comprensione reciproca e da un sincero desiderio di lavorare su di se.
Spero ancora che lo scambio che pubblicherò sul blog in differenti momenti possa essere di aiuto ed ispirazione per chi sta leggendo e lavorando su di se.
Buon Lavoro a tutti.

29/02/2008
Voglio iniziare a lavorare su di me perché mi sono accorto di essere veramente un automa per lunga parte del giorno, reagisco a stimoli automatici. Per esempio mi prefiggo di fare qualcosa e poi non ci riesco perché la mia mente inizia a correre qua e là.. c'è sempre qualcos'altro da fare prima. Non ho alcun controllo sulla mia vita sono completamente sballottato qua e là dalle onde della vita. Beh, forse ora sto esagerando, ma vorrei iniziare a guidare la mia barca, per evitare che il mio viaggio sulla terra sia inutile.
Ora, non so se ho capito qualcosa del sistema, ma c'è una sequenza di esercizi da fare, per poter riacquistare il controllo su se stessi. Dal tuo penultimo post sul blog, deduco che devo iniziare ad osservare gli altri in uno stato dissociato ed osservare tutto quanto succede: è bene partire da questo esercizio?

Risposta
Ciao GC,
capisco la situazione che descrivi, e spero che la verifica della tua meccanicità sia uno stimolo sufficientemente forte per spingerti al cambiamento.
Mi preme farti notare che il cambiamento che deriva dal lavoro su di sé è inizialmente l'acquisizione della capacità di vedere per periodi più lunghi le nostre reazioni meccaniche, il che spesso induce una profonda frustrazione. Questo per introdurre un punto fondamentale nell'idea del lavoro e che non possiamo essere soli in questo percorso, abbiamo bisogno di altre persone che sono passate prima di noi nelle stesse difficoltà e ci possono aiutare a superate gli inevitabili intervalli che intervengono in ogni ottava. Per questo è necessario che fra le persone che lavorano insieme vi sia, come lo definisce Gurdjieff, una relazione di mutua sincerità e fiducia, che si può costruire solo partendo da un personale desiderio di cambiamento e dalla necessità di un confronto reale.
Venendo a qualcosa di più immediato, il lavoro deve essere fatto su più punti in parallelo, principalmente dal punto di vista di acquisizione di nuova conoscenza e di verifica della stessa attraverso la propria esperienza diretta.I libri del sistema e il blog che sto scrivendo sono un "contenitore"di queste idee, quello che è necessario poi è prenderle ed iniziare a verificarle.
Praticamente il passo che devi fare adesso è quello di imparare ad osservarti e perché questo avvenga devi avere qualcosa da osservare, cioè una terza forza. E' un buon punto di partenza l'idea dei quattro centri e delle funzioni ad essi collegate, cerca di riconoscerle di vedere le loro manifestazioni, come un gruppo di Io viene attivato e perché, inizia ad acquisire più informazioni che puoi su di essi. Ricorda di credere alle tue percezioni il lavoro viene da te e giunge a te, come ti ho scritto una mente critica e analitica è un presupposto fondamentale.
Osserva, poniti delle domande, riconosci quante più parti di te ti è possibile e continua ad aggiungere conoscenza del sistema.
Scrivi le tue osservazioni e le manifestazioni che attribuisci ai diversi centri, è utile, e se vuoi mi puoi spedire ciò che hai raccolto.L'osservazione degli altri è importante perché spesso è più facile vedere negli altri certe manifestazioni piuttosto che in noi stessi, ma ricorda che devi sempre tornare a te, quello che vedi degli altri è un riflesso di quello che sei tu, di come filtri la realtà che ti circonda.

lunedì 3 marzo 2008

RIFLESSIONI - IL LAVORO SBAGLIATO DEI CENTRI

Succede molto spesso che un centro si appropri del lavoro di un altro. Una delle maggiori interferenze è quella del centro istintivo sul centro emozionale. Quando abbiamo una frizione a livello istintivo di qualunque genere, da un semplice mal di schiena a patologie più gravi, il nostro mondo emozionale cambia completamente, diventiamo irascibili, nervosi, spesso intrattabili vediamo il mondo attraverso il filtro del nostro disagio. Questo perché la difficoltà a livello istintivo viene assimilata e vissuta come difficoltà emozionale.Facciamo un esempio di pensiero attivo: perché un disturbo istintivo dovrebbe assumere valore a livello emozionale? è forse collegato direttamente il mio mal di schiena alla relazione con mio figlio? o con i miei amici? No perché loro si comportano sempre nello stesso modo sono io che sono cambiato in relazione a loro. E' forse collegato alla relazione con me stesso? sono da meno perché sto male? forse. La sensazione di non essere in forma a livello istintivo mi fa sentire in balia degli eventi, ricordiamo che il centro istintivo è la parte "animale" in noi, questo innesca un naturale istinto di difesa. Se osserviamo un animale domestico durante una malattia possiamo vedere come si ritira e protegge. Ma se considerando la possibilità di poter essere al di sopra della semplice reazione istintiva animale, possiamo iniziare a separare le funzioni del centri istintivo da quelle del centro emozionale, possiamo osservare la differente provenienza dei nostri io e comprendere, specialmente per quello che riguarda il centro emozionale, la loro mancanza di reale connessione nello specifico dell'espressione delle emozioni negative.
Questo significa praticamente rispettarsi e prendersi cura di se e della propria condizione istintiva, ma imparare nello stesso momento a considerare la nostra condizione emozionale in maniera separata attraverso la non espressione delle frizioni a livello emozionale e la considerazione della loro inutilità a livello della nostra condizione generale.
In questo modo possiamo stare male ed avere simultaneamente una visione realistica della nostre vite e relazioni non inquinate dalla frizione istintiva che stiamo provando.Buon Lavoro.
E.

domenica 2 marzo 2008

I Centri e le Funzioni

La macchina umana è composta da diverse parti. Nel Sistema vengono chiamate centri e svolgono differenti funzioni collegate alla vita interiore ed esteriore dell'uomo.

Questi quattro centri, a cui si aggiungono altri due di cui parleremo più avanti, sono rispettivamente:
Il centro Intellettuale, che svolge le funzioni relative al pensiero e alla comparazione. E' il centro più lento ed è il primo con cui possiamo iniziare a lavorare.
Il centro Emozionale, che governa le funzioni emotive. E' il centro più veloce quando lavora correttamente.
Il centro Istintivo, che regola il funzionamento biologico dell'organismo. E' un centro che agisce automaticamente per mantenere il nostro organismo funzionante e in stato di equilibrio con l'ambiente circostante.
Il centro Motorio, che sovrintende le funzioni motorie. E' il centro che produce l'immaginazione e che permette la comprensione delle meccaniche delle cose.

Possiamo immaginare quattro individui viventi in noi. Quello che chiamiamo istintivo è un uomo fisico. L'uomo motorio è anch'esso un uomo fisico, ma con inclinazioni differenti. Poi c'è l'uomo sentimentale o emotivo e quello teorico o intellettuale.

I centri sono divisi poi in metà positive e metà negative, ma questa accezione non è intesa a carattere morale, ma semplicemente come affermazione e negazione, si/no, azione/non azione. Ad esempio la metà positiva del centro intellettuale è la parte che afferma, quella negativa che nega. Nel centro motorio la divisione si esprime attraverso l'espressione di moto o di staticità. Nel centro istintivo è accettazione o repulsione a livello organico. Per il centro emozionale questa divisione è differente, le emozioni negative sono parte di un centro artificiale sviluppatosi attraverso l'educazione per imitazione di un certo tipo di atteggiamenti; la vera parte negativa del centro emozionale è quella che sperimentiamo in un momento di grande sofferenza reale, come ad esempio la perdita di qualcuno a cui eravamo attaccati emozionalmente.

Un'ulteriore divisione dei centri è data dal livello di attenzione con cui possono essere svolte le differenti funzioni di un centro, in base a questa divisione i centri sono divisi in:
Parte meccanica
, non richiede nessuna attenzione, ed in cui sono "registrate" tutte le azioni abituali e ripetitive relative a quel centro, ad esempio guidiamo la macchina con la parte meccanica del centro motorio.
Parte emozionale
, funziona per fascinazione ed attrazione, è la parte che si attiva quando qualcosa cattura la nostra attenzione, ci concentriamo su una cosa perché ci piace e ci stimola, in senso positivo o negativo, la possiamo osservare quando vediamo un film quando seguiamo un evento sportivo.
Parte intellettuale
, che funziona con attenzione focalizzata, è la parte che viene usata ogni volta che è necessaria concentrazione. Quando impariamo qualcosa di nuovo o con un alto livello di difficoltà, è la parte che usiamo quando studiamo per un esame o facciamo un lavoro manuale molto difficile.

Per moltissimo tempo dovete soltanto osservare e cercare di scoprire tutto quel che potete circa le funzioni intellettuali, emozionali, istintive e motorie. Da ciò potrete arrivare alla conclusione che avete quattro menti ben definite: non una sola, ma quattro menti diverse. Una mente controlla le funzioni intellettuali, un'altra mente completamente diversa controlla le funzioni emotive, una terza controlla quelle istintive, e una quarta, anch'essa del tutto diversa, controlla le funzioni motorie. Noi le chiamiamo centri: centro intellettuale, centro emotivo, centro motorio e centro istintivo. Essi sono completamente indipendenti. Ciascun centro ha la propria memoria, la propria immaginazione e la propria volontà.
Ouspensky - La Quarta Via (pag. 15)

Non siamo abituati ad osservarci, e non vediamo che ogni centro ha una propria individualità, una propria memoria, una propria immaginazione, in definitiva ogni centro ha un proprio mondo separato l'uno dall'altro. Ogni centro è un individuo in noi e ogni individuo vive una vita sua, in alcuni casi senza minimamente conoscere l'esistenza degli altri individui.

Differenti gruppi di Io appartenenti a diversi centri costituiscono quello che nel sistema viene chiamato personalità, cioè un gruppo di atteggiamenti che corrispondono al ruolo che interpretiamo in differenti momenti. Possiamo pensare a "chi" siamo sul luogo di lavoro, a casa con la famiglia, quando incontriamo una persona che ci piace o quando incontriamo qualcuno che non ci piace. Tutti questi "individui" che vivono in noi vengono "attivati" in relazione a differenti stimoli che riceviamo dall'ambiente che ci circonda. In un'analisi delle azioni, può sembrare che non ci sia nulla di male ad essere una persona differente con i propri figli rispetto a quella che siamo con un cliente o con il capoufficio, e questo è vero, quello che è importante notare e verificare personalmente è che questo cambiamento non avviene in maniera intenzionale, è frutto di acquisizioni automatiche piuttosto che di un ragionamento o valutazione consapevole delle proprie azioni. Come facciamo il padre e la madre non è conseguenza di un lavoro consapevole, di una capacità di valutazione e di giudizio sviluppato intenzionalmente attraverso un processo di apprendimento e comprensione del ruolo di genitore, ma è il frutto delle proprie esperienze come figlio e delle idee situate nella parte meccanica dei centri. Questo lo dobbiamo e possiamo verificare nella nostra vita quotidiana personale, e delle persone che ci circondano altrimenti non è possibile iniziare questo lavoro.

Se osserviamo la relazione che abbiamo con le persone vedremo che tutto quello che facciamo accade, e se cerchiamo di cambiare qualcosa non ci riusciamo, la risposta è troppo rapida e di fronte ad un atteggiamento diverso usiamo una serie di respingenti che si oppongono a fare qualcosa di diverso da quello che già conosciamo. Abbiamo bisogno di una terza forza perché qualcosa di differente realmente accada.

A questo punto è utile puntualizzare che quando iniziamo l'osservazione di sé non possiamo osservare fisicamente i centri, perché questi sono parte integrante del corpo, sono "distribuiti" in tutto il corpo che rappresenta un ricevente ed un trasmittente delle azioni e reazioni simultanee di tutti i centri. Quello che possiamo osservare sono le loro funzioni, vale a dire le loro peculiari espressioni a livello della nostra esistenza esteriore ed interiore. Più osservazioni riusciamo ad accumulare maggiori saranno le possibilità che avremo nel controllare la loro espressione. Ogni funzione può essere controllata solo quando abbiamo imparato a conoscerla, quando sappiamo che ad un certo stimolo ed i certe condizioni si manifesta, nel tempo impariamo a riconoscere l'arrivo e il crearsi delle condizioni per la manifestazione di quella peculiare espressione e quindi possiamo provare a cambiare e scoprire la possibilità di nuove espressioni, di maggiore controllo.

La seconda cosa da necessaria in uno studio serio di se stessi è lo studio delle funzioni: osservandole, apprendendo la dividerle nella maniera giusta, imparando a riconoscerne ciascuna separatamente. Ogni funzione ha il proprio compito, la propria specialità. Esse vanno studiate separatamente e le loro differenze comprese chiaramente, ricordando che sono controllate da diversi centri o menti. E' utilissimo pensare alle nostre differenti funzioni, o centri, e rendersi conto che sono del tutto indipendenti. Noi non ci rendiamo conto che esistono esseri indipendenti in noi, quattro menti indipendenti. Cerchiamo sempre di ridurre tutto ad un'unica mente.

E' un passo indispensabile del lavoro su di sé il riconoscimento delle funzioni. Per lungo tempo nel lavoro dobbiamo osservare le funzioni e, riconoscendole, associarle ai differenti centri. Dobbiamo comprendere che nella vita ordinaria le funzioni lavorano in maniera squilibrata, un centro svolge il lavoro di un altro e usa l'energia di un altro.

L'osservazione delle funzioni richiede un lungo lavoro. E' necessario scoprire parecchi esempi di ognuna. Studiandole dovremo vedere inevitabilmente che la nostra macchina non funziona bene; alcune funzioni sono giuste, altre sono indesiderabili dal punto di vista del nostro scopo.Perché dobbiamo avere uno scopo, altrimenti qualsiasi studio non darà risultati. Se ci rendiamo conto che siamo addormentati, lo scopo è svegliarci; se ci rendiamo conto di essere macchine, lo scopo è smettere di essere macchine. Se vogliamo essere più consci, dobbiamo introdurre una cera valutazione delle funzioni dal punto di vista della loro utilità o dannosità agli effetti del ricordare noi stessi. Ci sono quindi due linee di studio: studio delle funzioni dei quattro centri, e studio delle funzioni inutili o dannose.
Ouspensky - La Quarta Via (pag. 68-69)

In determinati momenti della giornata, dobbiamo cercare di vedere in noi stessi cosa pensiamo, come sentiamo, come ci muoviamo e così via. In un certo momento vi potete concentrare sulla funzione intellettuale, in un altro su quella emozionale, poi sull'istintiva o sulla motoria. Per esempio cercate di scoprire cosa state pensando, perché lo pensate e come lo pensate. Cercate di osservare le sensazioni fisiche quali il calore, freddo, ciò che vedete, ciò che sentite. Allora, ogni volta che fate un movimento potete vedere come vi muovete, come sedete, come state ritti, come camminate e così di seguito. Non è facile separare le funzioni istintive, perché nella psicologia ordinaria essere sono confuse con quelle emozionali; ci vuole tempo per metterle a posto.Ogni centro è adatto al lavoro con un certo tipo di energia e riceve esattamente quello di cui ha bisogno; ma ogni centro ruba all'altro e così un centro che ha bisogno di un tipo superiore di energia si riduce a lavorare con un tipo inferiore, oppure un centro adatto a lavorare con un'energia meno potente ne usa una più potente , più esplosiva. Così è come attualmente funziona la macchina.
Ouspensky
- La Quarta Via (pag. 84)

Dobbiamo distinguere quattro energie che lavorano attraverso di noi: energia fisica o meccanica, per esempio spostare questa tavola; energia vitale la quale fa si che il corpo assorba cibo, ricostruisca tessuti, e così di seguito; energia psichica o mentale, che fa funzionare i centri, e più importante di tutte, energia di consapevolezza.

I nostri quattro centri, intellettuale emozionale, motorio e istintivo, sono così coordinati che un movimento in un centro produce immediatamente un movimento corrispondente in un altro centro. Alcuni movimento e alcune posture sono collegati con alcuni pensieri; certi pensieri sono collegati con certi sentimenti, sensazioni, emozioni; tutto è collegato. Come siamo, con tutta la volontà che possiamo concentrare, possiamo acquisire qualche grado di controllo su un centro, ma soltanto su uno, e anche questo solamente per un breve periodo di tempo. Ma altri centri andranno avanti da sé, corromperanno immediatamente il centro che vogliamo controllare, e lo porteranno di nuovo alla reazione meccanica. Supponete che io sappia tutto ciò che dovrei sapere, e supponete che decida di pensare in una maniera nuova. Comincio a pensare in una maniera nuova, ma sto seduto nella postura ordinaria, o fumo una sigaretta nella solita maniera, mi ritrovo ancora nei vecchi pensieri.

E' la stessa cosa che con le emozioni; uno decide di sentire in una maniera nuova qualcosa. Poi pensa nella maniera vecchie e così le emozioni negative vengono di nuovo come prima, senza controllo. Quindi, al fine di cambiare, dobbiamo cambiare le cose contemporaneamente in tutti e quattro i centri,e ciò è impossibile in quanto non abbiamo volontà per controllare i quattro centri.

Ogni cosa deve esser sviluppata con la lotta, altrimenti non sarebbe né consapevolezza ne volontà.
Ouspensky - La Quarta Via (pag. 294)