venerdì 28 dicembre 2007

Il Pensiero

Costretto ad affrontare di scorcio una questione che negli ultimi tempi è diventata per me quasi un’idea fissa, cioè il processo del pensare umano, ritengo possibile, senza aspettare il capitolo a ciò destinato, darvi subito un’informazione di cui sono venuto a conoscenza per caso. Secondo quest’informazione, sulla terra nell’antichità c’era una regola per cui un uomo abbastanza orgoglioso da volersi conquistare il diritto di essere considerato dagli altri, e di considerare se stesso, un “pensatore cosciente”, sin dai primi anni della sua vita responsabile doveva essere informato del fatto che il modo di pensare degli uomini si può svolgere in due modi: uno, il pensare mentale, si esprime in parole che hanno sempre un senso relativo; l’altro, proprio sia all’uomo sia a tutti gli animali, lo chiamerei “pensare per forme”.
Il “pensare per forme”, che serve a percepire il senso esatto di qualsiasi scritto e ad assimilarlo dopo averlo coscientemente confrontato con le informazioni acquisite in precedenza, si costituisce nell’uomo sotto l’influenza delle condizioni geografiche, del luogo di residenza, del clima, dell’epoca, e in generale dell’ambiente in cui ognuno si è trovato da quando è venuto al mondo fino alla maturità.
Conseguentemente nel cervello degli uomini, secondo la razza e la condizione d’esistenza e la regione in cui vivono, si costituisce, per quanto riguarda uno stesso oggetto o una stessa idea, una forma particolare e del tutto indipendente che provoca nell’essere, durante lo svolgersi delle associazioni, una sensazione ben definita, da cui viene attivata un'immagine soggettiva precisa; e quest’immagine si esprime con una parola che serve unicamente da supporto esteriore soggettivo.
Perciò una parola riferita ad una cosa o a un’idea specifica acquista un “contenuto interiore“ ben determinato, e del tutto diverso per uomini di paesi o di razze diversi.
In altri termini, quando nella “presenza” di un uomo venuto al mondo in una determinata regione si fissa una certa “forma” come risultato di influenze e impressioni specifiche locali, questa “forma” suscita in lui per associazione la sensazione di un “contenuto interiore” determinato, e quindi un’immagine o una concezione determinata che egli esprime con una parola divenuta abituale e, come ho già detto, soggettiva; ma chi lo ascolta – e nel cui essere, per le diverse condizioni di nascita e di educazione, si è costituita riguardo a questa parola una forma di contenuto interiore diverso – le darà sempre un senso del tutto diverso.
Del resto, si può verificare tutto ciò osservando con imparzialità uno scambio di opinioni fra persone di diverse razze, cresciute sin dalla prima infanzia in paesi diversi.
I Racconti di Belzebù a suo nipote pag. 23/24

venerdì 21 dicembre 2007

Seconda sezione commentatio I racconti di Belzebu

Per il prossimo giovedì ovvero il 27 Dicembre le pagine per il progetto di commento a Belzebù sono dalla 26 alla 40.



Buona lettura.

E.

lunedì 17 dicembre 2007

Progetto Commentario I Racconti di Belzebù Cap 1

Questo è il primo capitolo dei Racconti di Belzebù dal sito:

http://www.scribd.com/doc/916884/Gurdjieff-Cap-I-Belzebu-ITA

Per chi volesse leggerlo per postare i propri commenti.

Grazie e buon lavoro.
E.

mercoledì 12 dicembre 2007

Da GS si apre un nuovo progetto e proposta quella di commentare "I racconti di Belzebù a suo nipote".. Chiunque voglia proporre estratti da Belzebù o aggiungere le proprie comprensioni è il benvenuto.

GS ci scrive:
I racconti di Belzebù a suo nipote.
Intanto il titolo da solo è un capolavoro di persuasione o comunicazione, esso fa presupporre che un essere ritenuto malvagio e dannoso per gli uomini, almeno al nipote cioè il figlio di suo figlio, racconti la verità su come stanno le cose, anche se il titolo in sè non si assume questa responsabiltà, ci dice solo che sono racconti, non necessariamente la verità.

La voce degl'altri

Grazie a GS per aver intervistato degli amici su Gurdjieff, quello che segue sono le loro risposte.

F: Gurdjieff è il più grande figlio di puttana mai esistito sul pianeta, bastardo! Il beneficio che ne ho ricavato è come quando si va dal chiropratico, prima si riceve uno choc, dopo, a distanza di tempo, si sente il beneficio. Il suo merito più grande è un nuovo linguaggio. Attraverso il linguaggio "matematico" scioglie la meccanicità mentale verso la ricezione e la percezione della tua vita quotidiana.
La comunicazione attraverso il linguaggio non serve per farsi capire ma per capire.
Mi ha insegnato che tutti dobbiamo morire, però mi ha anche insegnato come bisogna morire e anche perché.
Gurdjieff tra tutti gli altri maestri ti aiuta più ad acquisire uno stato di quiete paradossalmente attraverso una continua lotta tra il sì e il no.
M: Gurdjieff mi ha insegnato la capacità di osservarsi, le emozioni negative nascono in noi e non ce le danno gli altri. (ndr, non mi ricordo più il senso della frase che segue, penso sia riferita alle emozioni, la riporto come l'ho scritta) Manifestarsi pensando che fossero reali anche per gli altri. Lamentarsi di meno, la lamentela è meccanica. Mi ha insegnato a fare le cose con più diligenza.
G: Gurdjieff mi ha permesso di scoprire che c'è una parte di me che è un osservatore imparziale anche se poco durevole. Anche che certe cose nella mia vita andavano e vanno in un certo modo perché "dormo". Io chi sono? L'osservatore o le parti di me che osservano se stesse e il mondo esterno? Da un po' di tempo ho una strana sensazione per la vita simile al menefreghismo ma penso che sia una "Strana fiducia" simile al distacco.
Ora, caro lettore, rispondi a questa domanda: se tu fossi dentro Matrix, in che modo vorresti venirne a conoscenza?

Se avete vostre osservazioni siete i benvenuti, sia positive che negative..
Buon Lavoro..
E.

lunedì 29 ottobre 2007

29 Ottobre la memoria del Maestro

Partldogdoveri esserici


Il primo dovere: avere nel proprio essere-esistenza tutto quanto soddisfi e sia veramente necessario per il proprio corpo planetario.

Il secondo dovere: avere un bisogno istintivo, costante ed inflessibile, per l’auto-perfezione nel senso dell’essere.

Il terzo: lo sforzo cosciente di conoscere sempre di più sulle leggi della creazione del Mondo e del mantenimento del Mondo.

Il quarto: lo sforzo, dall’inizio della propria esistenza, di pagare al più presto il debito del proprio nascere e della propria individualità, in modo di essere liberi di alleviare il più possibile il Dolore del nostro Padre Comune.

Ed il quinto: lo sforzo di prestare sempre assistenza al perfezionamento più rapido possibile di altri esseri, sia quelli simili sia a quelli di altre forme, fino al grado del sacro ‘Martfotai,’ ovvero fino al grado dell’auto-individualità.

domenica 28 ottobre 2007

La legge del Sette (dell'ottava)

Differenti livelli di sviluppo seguono la Legge del Sette, cioè la legge che governa la progressione di tutti i "processi".

La comprensione della Legge del Sette ci permette di "scegliere" lo sforzo più adatto al momento e quindi al punto dell'ottava in cui ci troviamo.
Ogni attività è un ottava ascendente o discendente, riconoscendo le differenti fasi e svolgimento di queste ottave possiamo iniziare ad osservare i momenti in cui l'impeto iniziale che ha dato origine ad un determinato processo inizia a perdere il suo "slancio" ed entra in quello che nel sistema viene chiamato intervallo, un momento cioè in cui è necessario un aiuto per poter proseguire quello che stiamo facendo, per poter in questo modo, "colmare o superare" la difficoltà che potrebbero deviare il corso delle nostre azioni.

Un ottava ascendente è un ottava in cui il risultato del processo è qualcosa con un livello di vibrazioni superiore alla sua origine. Per semplificare il concetto possiamo dire che è qualcosa di migliore rispetto all'inizio del processo, può essere di migliore qualità o che dona maggiore libertà, ad esempio un bicchiere è il risultato di un processo di trasformazione del silicio in vetro, e il prodotto finale è di maggior utilità della semplice polvere da cui si è partiti. Un ottava ascendente richiede energia e, a mano a mano che l'ottava procede l'energia e l'attenzione che richiede sono sempre maggiori. Un miglioramento della qualità della propria vita è il risultato di varie ottave ascendenti.

Le ottave discendenti hanno come risultato qualcosa ad un livello di vibrazioni inferiore rispetto alla sua origine, e non ha bisogno di un grande dispendio di energie, così ad esempio rompere un bicchiere è semplice, ma un bicchiere rotto non ha più la funzione di prima, ed ha un "valore" inferiore alla sua origine. Dopo un ottava discendente ci troviamo sotto un maggior numero di leggi, così il bicchiere rotto ci costringerà a pulire o a rimanere con pericolosi vetri in giro con il rischio di farci male. Questo è un esempio del processo di crimine. Un ottava discendente ha bisogno di uno stimolo iniziale ma poi può procedere senza aggiunte di nuova energia perché la prende da ciò che consuma.

Le ottave ascendenti sono direttamente collegate a quelle discendenti, l'energia che viene impiegata in un ottava ascendente spesso è il risultato di ottave discendenti che avvengono in relazione al processo ascendente. Il vetro che serve per fare il bicchiere ha bisogno del fuoco per fondere, e il materiale che viene bruciato per produrre il fuoco rappresenta l'ottava discendente che cede l’energia necessaria alla realizzazione del processo creativo. Alla fine della lavorazione resteranno solo scorie del materiale consumato, di livello energetico e funzionale inferiore al materiale iniziale.

L'enneagramma è un simbolo che mostra come si svolge l'ottava e le relazioni interdipendenti che intercorrono nei diversi momenti del processo.

L'ottava si compone di tre momenti che corrispondono alle tre facce del triangolo. Anche i punti del triangolo hanno un significato.

L'ottava è distribuita lungo punti ben precisi della circonferenza e questi indicano la progressione nel tempo delle differenti fasi dell'ottava.

Nelle ottave ascendenti i tre angoli del triangolo segnano il punto in cui un'influenza esterna è richiesta, il vertice è il DO, lo stimolo iniziale, nell'intervallo MI-FA si trova un intervallo che deve essere colmato per permettere all'ottava di proseguire e non deviare e tra SOL-LA si trova il punto in cui in prossimità della fine dell'ottava dobbiamo iniziare a concentrare l'energia e l'attenzione (dobbiamo comprendere come avvicinarci alla fine dell'ottava in base all'esperienza maturata fino a questo momento e in previsione della fine) per giungere al momento più difficile dell'ottava che è l'intervallo SI-DO.

L'ottava si svolge nel tempo, ma le sue connessioni interne, evidenziate dall'enneagramma nelle sue linee interne si muovono "avanti e indietro" nel tempo collegando differenti fasi dell'ottava in modi specifici. La direzione delle forze all'interno dell'enneagramma è importante perché indica la direzione dell'energia nei differenti momenti temporali dell'ottava.

Questa è una prima introduzione alla legge del sette e all'enneagramma, spero di poter postare altro materiale quanto prima.
Buon lavoro.
E.

venerdì 28 settembre 2007

Il cibo di cui ci nutriamo

Nel sistema l'idea delle impressioni è molto importante.
Le impressioni sono un tipo di cibo di cui ci nutriamo quotidianamente, non potremmo vivere più di tre secondi senza impressioni e anche quando non ne siamo consapevoli le assorbiamo ogni momento della nostra vita. E' importante comprendere che abbiamo una responsabilità in relazione alle impressioni; è come scegliere di mangiare un particolare cibo, se non è buono ci avveleniamo. Ma per quanto questo è semplice da comprendere in relazione al cibo, quando lo riferiamo alle impressioni è più difficile. Il mondo contemporaneo rigurgita informazioni tendenziose, esalta il qualunquismo e ci riempie di immagini irreali e menzognere che vanno a creare le nostre proiezioni, immaginazioni e speranze.
Quando pensiamo a qualcosa abbiamo sempre la tendenza a una forma proiettiva, associando il nostro desiderio con immagini e pensieri, frutto delle impressioni che abbiamo ricevuto.
Ad esempio ho potuto osservare come mentre stavo per raggiungere un attraversamento pedonale dove una macchina era parcheggiata, pensavo che sarebbe stato meglio passare dietro alla macchina così sarebbe potuta partire senza che la bloccassi al mio passaggio.. ma prima di arrivare alle strisce la macchina e partita, questo mi ha fatto pensare a come è vano il continuo proiettarsi in un futuro che non esiste e come la mia proiezione fosse totalmente collegata a quello che penso essere gusto o sbagliato.
Un giorno alle terme ho osservato il disagio nel non essere fisicamente come vorrei e mi sono domandato da dove giungeva questo attacco di considerazione interna, dall'immagine stampata nella mia mente di come dovrei essere. Non serve dilungarsi troppo sui limiti della società de delle psicosi dell'immagine alle quali siamo soggetti, esse sono il frutto di impressioni ricevute inconsapevolmente.
Il risultato del lavoro è la consapevolezza delle nostre realtà nei loro propri termini. Un lavoro costante di osservazione delle nostre proiezioni e dello sforzo di riconoscerle come immagini inculcate meccanicamente può aiutarci a generare la necessaria terza forza per scansare il pensiero associativo automatico ed usare il momento per tornare alla nostra realtà, nei suoi propri termini. E' importante domandarsi quando siamo davanti alla televisione o decidiamo di leggere qualcosa o di andare in certi posti che impressioni stiamo ricevendo, cosa queste mettono in moto e come ci nutrono.
Il lavoro su di Sé parte dall'assunzione di responsabilità del proprio mondo interiore ed esteriore e le impressioni sono il nostro cibo più importante.
Buon Lavoro.
E.

martedì 25 settembre 2007

Il Ricordo di Se - da Ouspensky

Da la Quarta Via pa. 143
D: Il proprio lavoro è più accurato se si ricorda se stessi e il lavoro che si sta facendo ?
R: Si, quando siete desti potete fare qualsiasi cosa meglio, ma per arrivare a ciò occorre molto tempo. Quando vi siete abituati a ricordare voi stessi non sarete capaci di comprendere come mai abbiate potuto lavorare prima. Ma da principio è difficile lavorare e contemporaneamente ricordare se stessi. Tuttavia sforzi in questa direzione danno risultati interessantissimi: non c'è alcun dubbio. Tutta l'esperienza di ogni tempo mostra che questi sforzi vengono sempre ricompensati. Per giunta, se fate questi sforzi, comprendete che determinate cose uno le può fare soltanto nel sonno e non quando è sveglio, perché alcune cose possono essere soltanto meccaniche. Supponete per esempio che dimenticate o perdete delle cose: non potete perderle di proposito, le potete perdere soltanto meccanicamente.
D: Mentre stavo suonando il piano, allorché ho pensato "io sono qui", non sapevo cosa stessi facendo.
R: Perché questo non è essere consapevole; è pensare al ricordare se stesso. Allora ciò interferisce con quello che state facendo; esattamente come quando state scrivendo e all'improvviso pensate: "Come si compita questa parola?" e non potete ricordarlo. Questo è il caso di una funzione che interferisce con un'altra. Il vero ricordare se stessi non sta nei centri, ma sopra i centri. Esso non può interferire col lavoro dei centri; soltanto che uno vedrà di più, vedrà i propri errori.
Dobbiamo renderci conto che la capacità di ricordare noi stessi è un nostro diritto. Noi non l'abbiamo, ma possiamo averla; abbiamo tutti gli organi necessari per essa, per così dire, ma non siamo allenati, non siamo abituati ad usarli. E' necessario creare una determinata energia particolare o punto, usando questa parola in senso ordinario, e questo può essere creato soltanto in un momento di seria tensione emotiva. Ogni cosa prima di di questa è soltanto preparazione del metodo. Ma se vi trovate in un momento di forte tensione emotiva, e allora cercate di ricordare voi stessi, essa rimarrà dopo che la tensione è passata e allora sarete capaci di ricordare voi stessi. Solamente quindi con emozione intensissima è possibile creare questo fondamento del ricordare se stessi. Ma non può essere fatto se non vi preparate in anticipo. Possono arrivare momenti, ma non otterrete nulla da essi. Questi momenti emotivi giungono di tanto in tanto, ma noi non li usiamo perché non sappiamo come usarli. Se provate con sufficiente energia a ricordare voi stessi durante un momento di intensa emozione, e se la tensione emotiva è sufficientemente forte, essa lascerà una certa traccia e ciò vi aiuterà a ricordare voi stessi in futuro.

sabato 22 settembre 2007

Gli Atteggiamenti

Nel precedente post Ouspensky analizza l'idea del cambiamento dei punti di vista. Quando cambiamo i nostri punti di vista cambiamo il modo in cui reagiamo a ciò che ci accade ed inneschiamo la possibilità che, per stimoli uguali si producano risposte differenti.
La "creazione" o forse meglio costruzione di atteggiamenti nuovi, trasforma un diverso punto di vista in un'azione pratica, ed in una possibilità di essere più consapevoli ci ciò che ci accade.
Ma questo praticamente cosa significa? è facile perdersi nei cavilli intellettuali che ci portano a perderci in mille rivoli di immaginazione. La base all'idea del cambiamento di atteggiamento è che gli atteggiamenti sono delle disposizioni automatiche che abbiamo nei confronti di quello che ci accade, così di fronte nella situazione in cui in macchina qualcuno mi taglia la strada immediatamente reagiamo come siamo abituati, evocando gli stessi atteggiamenti e manifestazioni di sempre, quando qualcuno ci disturba o quando siamo lodati, ognuna di queste espressioni è codificata in maniera automatica e interpretata in maniera altrettanto automatica al ricevimento dello stimolo.
La base da cui partire per cambiare i propri atteggiamenti è: perché dovremmo cambiarli?. L'idea del lavoro su di se è quella di divenire consapevoli di noi stessi in maniera da essere gli artefici delle nostre azioni piuttosto che i burattini delle "istruzioni" che abbiamo assimilato in maniera automatica durante il periodo formatorio della nostra infanzia.
Per fare si che un comportamento automatico ci si riveli dobbiamo contrastarlo in maniera intenzionale, in questo modo possiamo iniziare a vederlo attraverso la nostra opposizione ad esso, vediamo dove ci spinge e le ragioni che lo alimentano.
Il lavoro sugli atteggiamenti non implica solo un lavoro di cambiamento delle risposte, ma un profondo lavoro sulla comprensione, infatti se modifichiamo semplicemente le nostre manifestazioni ma senza comprendere quello che facciamo e perché lo facciamo, rischiamo quello di cui Ouspensky parla quando ammonisce dal pericolo di eliminare i respingenti senza porre la volontà al loro posto. Così nella società attuale siamo circondati da circoli buonisti che parlano di amore e solidarietà e che non capiscono il senso profondo di giungere ad un reale altruismo, scimmiottano degli "stupidi santi" che se creduti arrecano più danni di chi chiuso nel suo egoismo non condiziona intenzionalmente la vita di chi gli sta intorno.
Quindi quando lavoriamo sull'osservazione e cambiamento di un atteggiamento dobbiamo comprendere quanto più chiaramente possibile quello che stiamo facendo, ed investigare, chiedere ed osservare in maniera tale da crescere con le nostre scoperte ed avere ad un certo punto la forza e la comprensione che possono alimentare il passo successivo; questa forza e comprensione apparterranno a noi indissolubilmente perché frutto della nostra esperienza reale. In questo il tempo è un fattore determinante, il cambiamento richiede tempo, per l'osservazione, per la formulazione e per la sperimentazione. La base del lavoro sugli atteggiamenti è ricordarsi di chiedersi e seguire la domanda: Come mi sto manifestando in questa situazione? o per non farla così aulica, Cosa sto facendo? e far seguire a questa domanda l'osservazione, l'attenzione divisa tra la nostra espressione e Noi stessi. Questa è la base del ricordo di Sé questo e il lavoro nel suo embrione sviluppo e maturazione.
Il motore di tutto questo è e deve essere il centro emozionale, attraverso un lavoro di osservazione però noterete che, nella condizione ordinaria dell'uomo, il motore che è prima forza al centro emozionale è prevalentemente il centro istintivo, che è quello in cui passiamo la maggior parte del nostro tempo e che, quando viene irritato, usa il centro emozionale per eliminare la frizione che viene generata dalla sua falsa condizione di squilibrio.
Se colleghiamo all'osservazione e all'espressione di manifestazioni differenti del centro emozionale attraverso la gioia e il piacere di essere qualcosa di nuovo e di diverso, e quindi entrare finalmente nel reame delle potenzialità nascoste dell'uomo, allora avremo iniziato ad usarlo in maniera corretta facendogli fare il lavoro che gli compete.
Un altro punto molto importante che credo ribadirò innumerevoli volte nei miei scritti è che il lavoro non serve per guadagnare poteri particolari, come la lettura del pensiero o la telecinesi, il lavoro serve per renderci Uomini, per farci passare da un livello di vita automatico e irreale (basta guardare i modelli e gli ideali che ci vengono comunicati) ad un livello di esistenza consapevole. Questo praticamente vuol dire che se siete padri o madri diventerete veri padri o madri e inizierete ad osservare i vostri figli e a comprenderli attraverso la comprensione di voi stessi, e a non educarli secondo i principi della mente formatoria ma secondo il buon senso e la comprensione. Se siete lavoratori scoprirete il mondo in cui vivete, e lo potrete arricchire o lasciare senza che le paure e le insicurezze siano il vostro giudice. La consapevolezza è l'arte del vivere e la scienza dello scoprire.
Spero che tutto questo vi sia utile.
Buon Lavoro.
E.
Dalla Quarta Via pag. 171
Giusta comprensione richiede giusto atteggiamento. Dobbiamo comprendere di non aver controllo, di essere macchine, che ogni cosa accade. Ma il semplice parlare di ciò, non cambia questi fatti. Cessare di essere meccanici richiede qualcos'altro e, prima di tutto, richiede un cambio di atteggiamento. Una cosa su cui abbiamo un certo controllo sono i nostri atteggiamenti: atteggiamenti verso la conoscenza, verso il sistema, verso il lavoro, verso lo studio di se, verso gli amici e così di seguito. Dobbiamo comprendere che non possiamo 'fare', ma possiamo cambiare i nostri atteggiamenti.
Gli atteggiamenti possono essere assai diversi. Per il momento ne prenderemo soltanto due: positivo e negativo, non nel senso di emozioni positive o negative, ma riferendoci alle parti positive e negative del centro intellettuale; la parte che dice sì e la parte che dice no, cioè approvazione e disapprovazione. Questi sono i due atteggiamenti principali. E' importantissimo riflettere sugli atteggiamenti perché spessissimo assumiamo un atteggiamento negativo verso cose che possiamo comprendere solamente con un atteggiamento positivo. Può accadere, per esempio, che la gente assuma un atteggiamento negativo verso qualche cosa connessa con il lavoro. Allora la loro comprensione cessa ed essi non possono comprendere nulla finché non cambiano il loro atteggiamento. Dobbiamo avere atteggiamenti positivi in alcuni casi e atteggiamenti negativi in altri, perché spesso la mancanza di comprensione è causata da un atteggiamento sbagliato. Esistono parecchie cose nella vita che non potete comprendere a meno che non abbiate un atteggiamento negativo sufficientemente buono verso di esse, perché se le osservate positivamente non comprenderete mai nulla. Se un uomo studia la vita, egli deve arrivare a conclusioni negative, perché nella vita ci sono troppe cose sbagliate. Cercare di creare soltanto atteggiamenti positivi è altrettanto sbagliato che avere soltanto atteggiamenti negativi. Tuttavia alcune persone possono avere un atteggiamento negativo verso ogni e qualsiasi cosa, mentre altre cercano di coltivare un atteggiamento positivo verso cose che richiedono un atteggiamento negativo. D'altra parte, come ho detto, nel momento in cui avete un atteggiamento negativo verso cose che si riferiscono al lavoro, alle idee, ai metodi e alle regole del lavoro, cessate di comprendere. Potete comprendere, a seconda della vostra capacità, soltanto fino al punto in cui siete positivi.
Ma ciò si riferisce solamente agli atteggiamenti intellettuali. Nel centro emozionale, gli atteggiamenti negativi emozionali significano identificarsi.

venerdì 21 settembre 2007

I punti di vista

Dalla Quarta Via di Ouspensky:
D: Avete detto che il centri intellettuale potrebbe controllare il centro emozionale, se sapessimo come. Potete dirci come?
R: Tutta la faccenda sta nell'apprendere come. Nel trovare emozioni connesse con un certo tipo di pensare, con certi punti di vista. Se acquisite nuovi punti di vista, allora dopo qualche tempo l'emozione connessa con i vecchi punti di vista scomparirà. Parecchie emozioni dipendono dai punti di vista. Ma è un lavoro lento.
D: Perché deve essere fatto lentamente?
R: Perché nessuno lo può fare rapidamente. Richiede qualche tempo cambiare i punti di vista, stabilire nuovi punti di vista. Ciò significa distruggere i respingenti, e questa è una cosa penosa. Inoltre, i respingenti non possono essere distrutti immediatamente, perché allora uno non avrebbe assolutamente più controllo. Nella maniera ordinaria, uno controlla se stesso con l'aiuto dei respingenti. Quindi i respingenti vanno distrutti gradualmente e al tempo stesso va creata la volontà. Se un respingente è distrutto, la volontà deve essere messa al suo posto, altrimenti uno non sarà protetto dai respingenti e non avrà volontà: sicché egli si troverà in uno stato peggiore che che con il respingente. Questo è perché i sistemi meccanici di sviluppo di sé sono pericolosi, perché mediante qualche mezzo meccanico, senza sapere ciò che sta facendo, uno distrugge questo e quell'importante respingente senza mettere niente al suo posto, e trovarsi in uno stato peggiore di prima. I mezzi debbono essere consci, bisogna sapere.

mercoledì 5 settembre 2007

Add Links

Ho aggiunto alcuni Links alla lista sulla destra:

http://www.esonet.org/Application/Biblioteca/ElencoBiblioteca.aspx?Settore=22

http://www.scribd.com/search?query=Gurdjieff

http://www.gurdjieff-bibliography.com/Current/index.html

Sono link dove è possibile scaricare testi sulla Quarta Via, in Italiano ed in Inglese (soprattutto).

Ringrazio Gianni per il link di esonet, dove tra l'altro potete trovare molti testi interessanti di altri autori, e per il suo lavoro di ricerca.
Buona lettura a tutti.
E.

martedì 21 agosto 2007

La Considerazione Interna

Dopo un periodo di assenza dovuto al desiderio di rimettere a posto idee relative alle conoscenze e pratiche del sistema rieccomi a scrivere.
Ho potuto osservare come l'estate e le vacanze in generale, siamo un grande strumento per l'osservazione della considerazione interna.
Trovandomi al mare, e a viaggiare in differenti luoghi d'Italia, ho osservato con maggiore forza le espressioni della mia considerazione interna. Ad esempio, avendo nello scorso inverno messo su un po di pancetta, potevo osservare come mettermi in costume mi mettesse in difficoltà, un parte di me era sempre a confrontarsi con gli altri, e alla ricerca di chi aveva la pancetta, di chi non l'aveva e di come mi guardavano le persone, e coglieva ogni occasione per fare notare che sono ingrassato ma che sto facendo attività. Visto in un modo distaccato è decisamente esilarante, ma quando ci identifichiamo con questo, ed iniziamo a soffrire o cercare di difenderci di fronte agli altri per quello che siamo allora iniziamo le difficoltà perché stiamo dando importanza a qualcosa che non ne ha ed in questo modo sottraiamo energia e possibilità a qualcosa di nuovo di svilupparsi.
Tendenzialmente abbiamo l'abitudine ad usare le osservazioni su noi stessi in maniera errata. Immaginiamo di essere quello che non siamo e nella costruzione di un ritratto immaginario menzognero ci scontriamo con una realtà che non ci contiene e, nell'incapacità di avere a che fare con essa, entriamo in uno stato di identificazione con noi stessi, nello specifico mi sono trovato in uno stato di considerazione interna (identificazione) con la mia vanità.
Vi sono molte altre forme in cui questa identificazione si può esprimere, ma il concetto di base è sempre lo stesso, è la menzogna, la non accettazione della realtà che ci permetterebbe di accumulare ed inviare le energie della considerazione interna in un sano atteggiamento emozionale in grado di aiutarci a formulazione di sinceri scopi volti al miglioramento di noi stessi.
Se abbiamo la capacità di accettare e accettarci possiamo godere della visione di realtà e non respingerla ciecamente.
buon lavoro a tutti.
E.

domenica 15 luglio 2007

Il Maestro

La figura del Maestro un luogo interiore ed esteriore molto particolare per chiunque abbia desiderato imparare qualcosa nella propria vita.
Il maestro e quella persona che sapendo di più in relazione ad un certo argomento ci "insegna" quello che ancora non sappiamo ma che desideriamo conoscere.
Purtroppo spesso, troppo spesso, il maestro perde il fondamento del suo essere qualcuno che aiuta e trasmette e si convince di essere "assoluto", l'unico detentore del sapere e possessore dell'esperienza e delle vite altrui.
Nel malaugurato caso che nei vostri percorsi individuali vi capiti di incontrare un individuo tale, rifuggite dalla sua presenza, per quando abbia potuto possede qualcosa nella sua esistenza la ha perduta in qualche gorgo della sua crescita.. Fuggite prima di essere fagocitati dalla sua cecità e personalità. Gli studenti del Mago Nero nella Lotta dei Magi per dimostrare la loro venerazione lo baciano sulla pancia scoperta. E' importante sapere quale tipo di relazione si instaura fra noi e gli individui con cui scambiamo, cosa onoriamo di loro e cosa essi onorano di noi.
Un bellissimo estratto da "Oragean Version" di C. Daly King riporta la visione che lui aveva di Orage come Maestro. Credo che se potessimo mantenere questa visione e valutazione per chi consideriamo un maestro allora potremmo dire di aver trovato qualcuno con cui crescere insieme.
Buon lavoro a tutti.
E.

Non ho mai incontrato nessun maestro che così completamente avesse compreso che a nessun essere umano può essere insegnato nulla, che l'obiettivo del vero maestro e di assistere l'apprendimento di un altro. Assistendo fiduciosamente, con buona volontà e fornendo ogni possibile aiuto in base a ciò di cui dispone, senza lasciare una domanda perché troppo ignorante o troppo ovvia per meritare una risposta che creasse il desiderio di imparare a essere presenti, che incoraggiasse il desiderio di ogni possibile direzione senza mai consentire alla ruffianeria di intromettersi; e senza permettere alla relazione di "lui con maggiore conoscenza" verso "lui con minore" di negare se stessa o implicare una intrinseca superiorità nel possessore.

C Daly King - Oragean Version (pag 14)

sabato 14 luglio 2007

La Lotta dei Maghi (versione 0.9)

Questa è la prima rivisitazione del testo, per favore se trovate errori o imperfezioni fatemelo sapere.
La versione pdf la potete scaricare a:
La Lotta dei Maghi.pdf
o
La lotta dei Maghi
Buona lettura.
E.

G. I. GURDJIEFF
Copione del Balletto
LA LOTTA DEI MAGHI
Stampato Privatamente
presso
THE STOURTON PRESS
CAPE TOWN SOUTH AFRICA
1952



Primo Atto

L'azione si svolge in una grande città commerciale in Oriente.
La piazza del mercato dove varie strade e vicoli s’incontrano: attorno negozi e bancarelle con ogni varietà di merce - sete, terrecotte, spezie; botteghe di sarti e ciabattini.
Sulla destra una fila di bancarelle con frutta: case a tetto piatto a due e tre piani con molti balconi, alcuni con tappeti appesi e altri con bucato.
Sulla sinisra, su tetto, un negozio di tè; più avanti, bambini che giocano: due scimmie si arrampicano sui cornicioni.
Dietro le case si vedono strade che si arrampicano serpeggiando sulla montagna; case, moschee, minareti, giardini, palazzi, chiese cristiane, templi indù, e pagode.
In lontananza, sulla montagna si vede la torre di un’antica fortezza.
Tra la folla che si muove nei vicoli e la piazza del mercato, è possibile incontrare tipi di quasi ogni popolo asiatico, abbigliati nei loro costumi tradizionali: un Persiano con barba tinta; un Afgano tutto in bianco, con un'espressione fiera e audace; un Belucistano in turbante bianco a punta e una giacca corta senza maniche e un'ampia cintura, dalla quale spuntano parecchi coltelli; un Indù Tamil mezzo nudo, sulla fronte rasata una forca bianca e rossa, il segno di Vishnu, è dipinto; un nativo di Khiva che indossa un cappello di pelliccia largo e nero e un cappotto fittamente imbottito; un monaco buddista vestito di giallo, con la testa rasata e una ruota da preghiera in mano; un Armeno vestito di un 'chooka' nero con una cintura d'argento e un colbacco nero un russo nero con un cappello a busta; un Tibetano in un costume che assomiglia a un Cinese, orlato di pelliccia pregiata; inoltre Bucariani, Arabi, Caucasici e Turcomanni.
I mercanti bandiscono le loro merci, invitando i clienti i mendicanti con voci piagnucolanti chiedono l'elemosina; un gelataio diverte la folla con una canzone spiritosa.
Un barbiere di strada, rasando la testa di un venerabile vecchio 'hadji', racconta le notizie e i pettegolezzi della città ad un sarto che pranza nel ristorante a fianco. Un funerale passa attraverso uno dei vicoli; davanti c'è un ‘mullah’ e dietro di lui il cadavere è trasportato su una bara coperta da un drappo funebre, seguito da donne piangenti. In un altro vicolo c'è una rissa e tutti i ragazzini accorrono a guardare. A destra, un fachiro a braccia aperte, gli occhi fissati su un punto, è seduto su una pelle d’antilope. Un mercante ricco e importante passa ignorando la folla, lo seguono i suoi servi, trasportando cesti carichi d’acquisti. Poi appare qualche mendicante esausto, mezzo nudo e impolverato, evidentemente appena arrivato da qualche zona colpita da carestia. In un negozio, cachemire e altri tessuti e materiali sono banditi e mostrati ai clienti.
Dalla parte opposta del negozio del tè, è seduto un incantatore di serpenti circondato da una folla curiosa. Passano asini carichi di ceste. Donne passeggiano, alcune indossano lo 'chador' altre a viso scoperto. Una vecchia donna con la gobba ferma davanti al fachiro, con aria devota, mette soldi nella ciotola di cocco per l'elemosina davanti a lui. Tocca la pelle sulla quale egli è seduto e va via, premendo le proprie mani sulla propria fronte e occhi. Passa una processione nuziale; davanti ci sono bambini vestiti allegramente, dietro di loro buffoni, musicisti e tamburini. Passa il banditore, urlando più che può. Da un vicolo si sente il martellare di fabbri ramaioli. Ovunque c'è rumore, suono, movimento, risate, sgridate, preghiere, affari - la vita ribolle.
Due uomini si dipanano dalla folla. Entrambi vestiti riccamente. Uno di loro, Gafar, è un attraente, ben fatto, ricco Parsi di circa trenta o trentacinque anni, ben rasato tranne per un paio di baffetti e i capelli corti. Indossa una giacca di seta giallo chiaro cinta da una sciarpa rosa pallido, e pantaloni blu; sopra di questi un abito di broccato, la gonna, polsini e risvolti della quale sono ricamati d'argento; ai piedi ha stivali alti di pelle gialla, alle gambe ricami in oro e pietre preziose; la sua testa è ricoperta da un turbante of a evidente tessuto Indiano, dal colore predominante turchese: alle sue dita ci sono anelli con grandi smeraldi e diamanti. L'altro uomo è il suo confidente, Rossoula, vestito anche lui in modo ricco, ma più trascuratamente. Egli è basso, forte, fine e astuto, il capo assistente del suo padrone in tutti i suoi affari di cuore e intrighi. Egli è sempre d’umore attento e gaio. In testa ha un copricapo rosso avvolto da un turbante giallo; in mano ha un rosario rosso e corto.
Gafar guarda qualche articolo e si ferma occasionalmente a parlare con qualche suo conoscente, ma evidentemente niente lo interessa. In tutti i suoi movimenti si possono notare il vanto di un uomo sazio di piaceri. Con i suoi eguali egli è contenutamene civile, ma verso gli altri guarda con disprezzo o avversione. Egli ha provato tutto, visto tutto, e le cose per le quali altra gente lotta e si sforza, non esistono per lui.
In questo momento, due donne spuntano da un lato della strada a sinistra, nella piazza. Una di loro, Zeinab, è una ragazza di circa venti ventidue anni di tipo Indo Persiano, più alta della media e molto bella. È vestita di una tunica bianca con una sciarpa verde alla vita: i suoi capelli lisci con la riga in mezzo sono legati con un fermaglio d'oro; tirato sulla testa porta uno 'chador', ma il suo viso è scoperto. L'altra è la sua confidente, Haila. E’ una donna di mezza età bassa e grassoccia. Indossa una giacca di velluto blu sotto uno 'chador' viola. La sua bocca è coperta con un fazzoletto.
Zeinab stringe un rotolo di pergamena avvolto in un fazzoletto di seta. Passa lungo la piazza dando graziosamente l'elemosina ai mendicanti che incontra. Gafar la nota e la segue con lo sguardo. Il suo viso lo interessa poiché sembra, ad un primo sguardo, ricordargli qualcuno o qualcosa. Egli s’informa con Rossoula e altri conoscenti su chi lei sia, ma nessuno lo sa.
Appena dopo, Zeinab va da una mendicante vicino alla quale si trova un bambino di circa otto anni mezzo vestito con una ferita aperta sul suo braccio nudo. Appena datagli l'elemosina, Zeinab nota la ferita, e curvatasi su di lui parla amichevolmente alla mendicante riguardo al ragazzo. Infine le dice qualcosa, indicando un lato della strada e poi il bambino. È chiaro dai suoi gesti che sta consigliando alla donna di portare il bambino dove possa essere curato.
Per tutto il tempo, Gafar non smette di osservare Zeinab.
Zeinab vuole bendare il braccio del bambino, ma non ha niente con cui avvolgerlo, allora sfoglia il fazzoletto di seta nel quale è avvolto il rotolo di pergamena e fascia la ferita. Poi, accompagnata da Haila, lascia la piazza per una strada laterale.
Gafar consulta in fretta Rossoula. È chiaro che gli sta dando istruzioni per seguire Zeinab e scoprire il possibile su di lei. Quando Zeinab sparisce, Rossoula prende la stessa strada. Gafar resta a guardarlo, poi con calma raggiunge la mendicante e comincia a parlare con lei. Riconoscendo il fazzoletto al braccio del bambino come il dono di Zeinab, lui, senza sapere perché, desidera acquistarlo. Offre alla donna del denaro, ma lei rifiuta di venderglielo. Gafar, getta una manciata di denaro e prende quasi con forza il fazzoletto dal bambino, poi va lentamente verso il centro della piazza. La donna stupita raccoglie il denaro e alzando le mani al cielo, ringrazia Gafar. Poi, prendendo il bambino per mano, va verso il vicolo che le aveva indicato Zeinab.
Rossoula ritorna e con gesti deprecanti, dice a Gafar che ha scoperto che Zeinab non è una donna che è possibile avvicinare casualmente. Poi, parlando ancora insieme, vanno per una strada sulla sinistra.
Cala la sera. In uno dei vicoli c'è molto movimento, un derviscio esce fuori da quello accompagnato da una folla tra cui ci sono molte donne e bambini. Questo derviscio è stato molto onorato nella terra degli ultimi ('in the country of late' nel testo, n.d.t.), e gode grande rispetto tra tutte le diverse etnie. Recita alcuni versi sacri e al ritmo dei versi esegue certi movimenti che somigliano a ginnastica o danza.
Il significato dei versi è:

Dio è uno per tutti,
Ma è trino.
Gli uomini sbagliano, poiché è settuplo.
Nella sua totalità è unisono.
Nella sua divisione è molte voci.
E in un altra divisione è contraddittorio.
Egli è ovunque in tutte le forme.
Quando gli uomini lo vedono
dipende dalle loro qualità
Quale parte essi toccano.
Ma chi tocca, se è ignorante,
Vede nella parte che tocca, tutto di sé,
E senza dubbio, prega per sé.
Egli già pecca
Poiché agisce contro
Le leggi imposte
Nei comandamenti degli Altissimi.
Il comandamento è questo:
Io sono verità.
La tua incredulità ti attira (Your unbelief draws you)
Nella vicinanza con me
Poiché colui che mi vede. ...

La fine dei versi si perde nei colpi forti di tamburo intorno a un ciarlatano che vende medicine.
Il crepuscolo s’infittisce. Uno ad uno i mercanti raccolgono la loro roba e chiudono i loro negozi. Nel momento in cui il muoversi della folla è al suo culmine, cala il sipario.


Secondo Atto

Nella scuola del Mago Bianco.
Una stanza ampia che sembra un laboratorio o un osservatorio con qua e là scaffali sui quali ci sono alambicchi, provette e oggetti di forme fantasiose che ricordano un laboratorio moderno, inoltre parecchi rotoli di pergamena e libri.
Nel retro, un’enorme finestra con tende. A sinistra, una porta conduce ad una stanza interna. A destra, una porta che conduce all'esterno.
Nell'angolo a destra c'è una clessidra. Dalla parte sinistra ci sono tavolini sui quali ci sono molti alambicchi, vetri e libri aperti.
Davanti alla finestra si trova un telescopio di strana forma, e a sinistra su un piccolo tavolo, c'è un aggeggio simile ad un microscopio.
A destra c'è una poltrona che sembra un trono, con uno schienale alto su cui è dipinto il simbolo dell'enneagramma, e a sinistra c'è una piccola sedia per l'assistente del Mago.
Quando si apre il sipario ci sono parecchi allievi, sia uomini che donne, già sul palcoscenico e altri si vedono entrare di tanto in tanto. Essi sono benfatti, piacevoli giovani con una buona e gioiosa espressione sui loro visi. Indossano tuniche bianche; quelle delle ragazze sono lunghe, quelle degli uomini arrivano al ginocchio. Ai loro piedi hanno dei sandali. Le ragazze hanno capelli raccolti con fermagli d'oro, gli uomini li hanno d'argento. Alla vita hanno tutti sciarpe; le ragazze gialle, arancione e rosse, quelle degli uomini sono verdi, blu e azzurre.
Sono tutti impegnati. Alcuni stanno sistemando e pulendo gli oggetti, alcuni stanno leggendo e altri stanno mescolando i liquidi nelle provette. Adesso, il numero degli allievi aumenta.
Dalla porta esterna entra l'assistente del Mago. È un vecchio di media statura, indossa occhiali e ha una barbetta grigia. Indossa un soprabito giallo sopra un soprabito corto e bianco con una sciarpa viola alla cintola. Ha dei sandali ai piedi; sulla sua testa un copricapo bianco con una sciarpa viola attorno. In mano ha un lungo rosario di madreperla e sul petto, pendente da una catenella d'argento, c'è il simbolo dell'heptagramma - una stella a sette punti in un cerchio.
Gli allievi salutano l'assistente del mago che risponde gentilmente mentre passa da uno all'altro esaminando e correggendo il loro lavoro. Gli allievi continuano a radunarsi. È evidente che i rapporti tra loro sono gentili, benevoli e amichevoli.
Un inserviente entra dalla porta interna e dice qualcosa; dal movimento dei presenti, è ovvio che attendono qualcuno.
Entra il Mago Bianco. È un vecchio alto e benfatto con un viso benigno e piacevole e una barba lunga e bianca. Veste un abito bianco e lungo con maniche ampie e risvolti dai quali si vede una sottoveste color crema. Ha dei sandali ai piedi. In mano un lungo bastone dal pomello d'avorio, e al petto, pendente da una catenella d'oro, c'è il simbolo dell'enneagramma lavorato in pietre preziose.
Al grande inchino degli allievi il Mago risponde con un sorriso gentile come se li benedicesse. Poi cammina lentamente verso il trono, e dopo aver ancora benedetto gli allievi, si siede. (In questo momento il simbolo sul trono si accende.) Gli allievi ognuno a turno, vanno da lui e gli baciano la mano, dopodichè tornano ai loro posti e riprendono l'occupazione che avevano sospeso.
In questo momento entra Zeinab. È in ritardo e ha il fiatone per la fretta. Va subito dal Mago e gli bacia la mano. Dal modo in cui il Mago la saluta, è evidente che è una delle sue allieve preferite. Poi lei va dagli altri allievi e apparentemente li informa del suo recente incontro con la mendicante e con il bambino.
Uno degli allievi va dal Mago, che sta parlando col suo assistente, e gli chiede di spiegargli qualcosa. Evidentemente la risposta del Mago interessa tutti, così a poco a poco si radunano attorno a lui e ascoltano. Continuando la spiegazione il Mago si alza (in questo momento il simbolo sul trono si spegne) e andando al microscopio comincia qualche dimostrazione. Gli allievi a turno vanno al microscopio e guardano dentro. Dopodichè, va alla finestra e apre la tenda. Si vede il cielo limpido e stellato. Il Mago punta il telescopio verso il cielo. Gli allievi a turno vanno al telescopio e guardano dentro, allo stesso tempo ascoltano la spiegazione del Mago.
L'idea principale dell'esposizione è la seguente: Ciò che è in alto è simile a ciò che è in basso, e ciò che è in basso è simile a ciò che è in alto. Ogni unità è un cosmo. Le leggi che governano il Megalocosmo governano anche il Macrocosmo, il Deuterocosmo, il Mesocosmo, il Tritocosmo e altri, comprendendo in basso il Microcosmo. Avendo studiato un cosmo, conoscerai gli altri. Il cosmo più vicino di tutti per i nostri studi è il Tritocosmo, e per ognuno di noi il più vicino soggetto di studio è sé stessi. Conoscendo sé stesso completamente uno conoscerà tutto, perfino Dio, dal momento che gli uomini sono creati a sua somiglianza.
Detto questo, il Mago torna lentamente al suo trono.
Entra il servitore e si avvicina al Mago, informandolo che qualcuno sta chiedendo di entrare. Avendo ricevuto il permesso, l'inserviente conduce la mendicante col bambino. Ella si prostra ai piedi del Mago e chiede aiuto, indicando il bambino. Anche Zeinab va dal Mago e intercede per il bambino.
Il Mago, dopo aver guardato la ferita, parla a due degli allievi che poi vanno nella stanza interna e ritornano, uno portando un cuscino su cui è appoggiata una bacchetta d'avorio con una grossa palla d'argento all'estremità, e l'altro un fazzoletto, una tazza e un barattolo contenente un liquido. Il Mago prende il barattolo e versa il liquido nella tazza, imbeve il fazzoletto e lo stende sulla ferita. Poi con grande cura prende la bacchetta e, senza toccare la ferita, passa parecchie volte la bacchetta sul braccio del bambino. Quando il Mago toglie il fazzoletto, la ferita non c'è più.
La mendicante, ammutolita e stupefatta, cade in ginocchio e bacia l'orlo dell'abito del Mago. Il Mago arruffa il bambino carezzevolmente e poi li congeda.
Gli allievi tornano ai loro posti e riprendono le loro occupazioni. Il Mago cammina nella stanza, andando da qualche allievo per esaminarne il lavoro e dare istruzioni adatte. Poco dopo dice qualcosa a tutti gli allievi e ritorna al suo trono.
Immediatamente gli allievi lasciano il loro lavoro e si mettono in fila, e al segnale del Mago fanno vari movimenti che somigliano a danze. L'assistente del Mago si aggira tra loro e corregge le loro posture e movimenti.
Queste ' danze sacre ' sono considerate essere uno dei soggetti principali di studio in tutte le scuole esoteriche d'Oriente, sia nell'antichità che al giorno d’oggi. I movimenti in cui consistono queste danze hanno un duplice scopo: esprimono e contengono un certo sapere e, allo stesso tempo, servono da metodo per raggiungere uno stato armonico dell'essere. Le combinazioni di questi movimenti esprimono diverse sensazioni, producono varie gradazioni di concentrazione del pensiero, creano sforzi necessari in diverse funzioni e mostrano i limiti possibili di forza individuale.
Durante un intervallo, uno degli allievi indica la clessidra, dopodichè il Mago dice a tutti loro di terminare le occupazioni precedenti e prepararsi per quello che seguirà. Nel mentre egli stesso va alla finestra e scosta la tenda.
È mattina presto e il sole si sta alzando sull'orizzonte. appena appare il primo raggio, il Mago Bianco con il suo assistente e i suoi allievi dietro a lui cadono in ginocchio. Pregano.
Il sipario scende lentamente.




Terzo Atto

Nella casa di Gafar.
Una stanza con un'alcova nell'angolo a destra, nel quale - dietro colonne intagliate - si intravede una fontana con un bacino di marmo.
A sinistra una porta conduce agli appartamenti interni, e alle spalle un'altra porta conduce al giardino.
La stanza è arredata in stile Indo Persiano. A destra, panche ricoperte di tappeti e cuscini sono disposte in parecchie file contro il muro Mindari. Nell'angolo a sinistra c'è un divano basso vicino al quale ci sono parecchi tavoli intagliati. Su uno c'è un narghilé e altri oggetti per fumare, su un altro un servizio da sorbetto, su un terzo un piccolo gong e su un quarto una brocca e bacinella di raffinata e costosa fattura per lavarsi le mani.
Gafar cammina per la stanza. Egli è senza giacca ma sulla testa ha un copricapo ornato di pietre preziose. Ogni suo movimento, ogni suo sguardo mostra che sta aspettando con impazienza. Ogni tanto si siede sul divano e diventa assorto in pensieri. Sente che gli stanno accadendo cose completamente nuove. Lui che è sempre stato così superbamente calmo e indifferente ora è agitato e preoccupato da sciocchezze che prima non avrebbero attratto la sua attenzione. Ultimamente è diventato irritabile, sospettoso e impaziente.
Proprio adesso sta aspettando Rossoula che gli porta notizie su Zeinab, la donna che ha incontrato al bazar un mese fa, e che Rossoula - in spregio a tutte le sue capacità ed esperienza in tali materie - non è ancora riuscito a attrarre nell'harem di Gafar. Ieri Gafar ha ordinato a Rossoula di porre rimedio a questo ad ogni costo e quel che lo agita così tanto ora è l'attesa del risultato degli sforzi finali di Rossoula. Ma nello stesso tempo, egli sente che tutto questo è semplicemente ridicolo. Molte volte prima era stato attratto da qualche donna ma, mentre Rossoula si occupava della faccenda, o si dimenticava delle donna oppure lei cessava di interessarlo. Ma ora, non solo non dimentica, ma per tutto il giorno, pensa più e più a Zeinab.
Rossoula entra dalla porta nel retro. Sembra molto distratto - e questo è proprio innaturale per lui. Porta notizie molto scoraggianti. Dice a Gafar che tutti gli sforzi per eseguire i suoi ordini sono falliti e non sa più cosa fare.
Entrambi riflettono seriamente. Ogni mezzo di sedurre Zeinab è stato provato; ogni cosa che poteva essere fatta in questo senso è stata fatta.
Le hanno mandato i più svariati regali: stoffe indiane antiche ricamate d'oro; i cavalli più belli - arabi, cinesi e persiani; pellicce siberiane; una rarità inestimabile quale una collana di smeraldi - il dono del Rajah di Kolhapur al nonno di Gafar; la famosa perla blu di Gafar, la 'Lacrima di Ceylon'; e infine, le hanno offerto per sua esclusiva proprietà - come un harem separato con servi e serve – l’appena restaurato castello dei Gafar, l'orgoglio della loro famiglia, il 'Soffio di Paradiso'. Ma tutto è stato inutile. Zeinab ha rifiutato ogni cosa e non ha voluto sentirne.
Gafar è perplesso. Si convince sempre di più che non ha la forza per riconciliare se stesso all'incomprensibile testardaggine di Zeinab e capisce che, in verità, lei è stata la causa del suo insolito stato mentale durante questo periodo. È evidente che in questa donna c'è qualcosa d’eccezionale. I modi in cui lui, Gafar, prende tutti i fallimenti di Rossoula affascina lui stesso. In ogni altro caso si sarebbe semplicemente indignato, ma ora sebbene è incapace di reprimere la propria rabbia, nel suo cuore è quasi contento che in questo caso tutti i metodi di Rossoula siano insufficienti.
Le cose strane che osserva in se stesso portano la sua attenzione sui suoi rapporti con le donne in generale.
Grazie alla sua ricchezza, la sua eminenza e le sue circostanze di nascita, la sua vita è stata così organizzata che, già a diciassette anni, era già circondato da donne e - in osservanza con le usanze della sua zona - aveva già il proprio harem. Ora ha trentadue anni ma è ancora scapolo, nonostante il fatto che per un lungo tempo ha desiderato di sposarsi, specialmente per compiacere la sua anziana madre che sogna sempre che lui si sposi. Ma fino ad ora non ha mai incontrato una donna che, dal suo punto di vista, è adatta per essere sua moglie. Molte donne lo hanno attratto e all'inizio sembravano devote e meritevoli della sua fiducia, ma alla fine tutte dimostravano che il loro amore e devozione mascherava soltanto insignificanti sentimenti egoistici. Per alcune è stata la passione per un bel ragazzo, con altre la sete di lussuria che poteva instillare loro, con altre ancora, la vanità di essere la favorita di un nobiluomo e così avanti.
Tutto quello che ha visto lo ha totalmente disincantato. Non ha mai conosciuto una donna per cui potesse provare la fiducia e stima che, dal suo punto di vista, avrebbe dovuto provare per una moglie. Egli si abituò a vedere su tutte le belle parole sull'amore e la comprensione delle anime come le mere fantasie da poeti, e gradatamente le donne sono diventate più o meno tutte uguali per lui, distinguendosi solo nel loro tipo di bellezza e nelle loro varie manifestazioni della passione. Il suo harem è diventato parte della sua collezione d’oggetti preziosi. Non può più vivere senza le sue donne quanto non può vivere senza fumare, senza musica, o senza tutti i lussi che lo hanno sempre circondato. Ma ha da tempo cessato di cercare qualcosa in una donna altro che non sia il momentaneo godimento di una cosa bella.
E ora, improvvisamente sorge in lui questa strana curiosità verso questa donna incomprensibile. E’ possibile che lei sia veramente così totalmente diversa dalle altre? L'aspetto di Zeinab lo ha colpito al primo sguardo, ma cosa sa di più di lei? Secondo le informazioni avute da Rossoula, Zeinab è la figlia unica di un ricco khan di una lontana città. Ha ventuno anni e completamente libera, non promessa ad alcuno, e vive tranquillamente da sola, con qualche servitore e una vecchia serva di nome Haila. Al suo paese si occupa di scienze ed è venuta qui per studiare alla scuola di un celebre mago. Va ogni giorno a questa scuola e il tempo rimanente lo passa a casa sua impegnata nei suoi studi. In tutto questo c'è molto di strano, diverso da quello a cui è sempre stato abituato. Ma il pensiero di Zeinab non gli da tregua; non riesce a smettere di pensarla ed è pronto ad ogni sacrificio pur di possederla.
Ancora pensando profondamente, Gafar si alza e cammina per la stanza. Poi, evidentemente preso da un nuovo pensiero, si siede di nuovo sul divano.
È ora chiaro che è impossibile sedurre Zeinab con i mezzi che attraggono altre donne e conquistano la loro resistenza. Stando così le cose, rimane una sola cosa da fare - sposarla. Presto o tardi dovrà prendere moglie, e più belle di Zeinab non ne ha mai trovate. E se lei provasse d’essere una moglie tale come l'ha sognata lui, potrebbe essere la felicità di lui e la gioia di sua madre.
Gafar ci pensa per un po' e infine parla della sua decisione a Rossoula. Poi chiama un servitore e gli da un ordine. Il servitore esce dalla porta a sinistra.
Subito dopo un'anziana donna entra dalla stessa porta. È una dei parenti più stretti di Gafar. Le spiega la sua decisione e le chiede di fare da tramite. L'anziana signora dice che accetta il suo compito con piacere e non ha dubbi sul successo. È risaputo che le più famose bellezze della zona considererebbero diventare sua moglie una felicità, sapendo della sua ricchezza e posizione. Ella torna nelle stanze interne e subito ritorna accompagnata da altre due donne. Tutte e tre, velate dal 'chador', si dirigono verso la casa di Zeinab.
Gafar, con espressione pensosa, è ancora seduto sul divano. Rossoula cammina per la stanza e di tanto in tanto si rivolge a Gafar suggerendo varie distrazioni. Ma il pensiero di Gafar è distante e niente lo attira. Ascolta Rossoula in modo assente e infine, solo per sbarazzarsi di lui, accetta uno dei suoi suggerimenti.
Immediatamente ad un ordine di Rossoula, entrano dei musicisti che formano un'orchestra di strumenti musicali assortiti Afgani, Indiani e Turkestani. Questi strumenti sono: una zitera (una specie di balalaica a manico lungo con sette corde, suonato con un archetto), un adoutar (una specie di balalaica a due corde, suonata con le dita), un rabab (con tre corde di budello e tre corde di rame, suonato con uno stecchetto), un atarr (una specie di mandolino a manico lungo e sette corde, suonato come un mandolino), un asaz (anch'esso una specie di mandolino con tre corde di seta e tre di budello, suonato come un mandolino), un caloup (una specie di zitera con molte corde d'acciaio e rame, suonato con un ossicino agganciato al pollice), una zourna (una specie di piffero), un gydjabe (una specie di violino), un daff (tamburello), un davul (una specie di tamburo), un gaval (una specie di flauto), un galuk (una specie di clarinetto), e altri. I musicisti si siedono sul Mindari e cominciano a suonare.
Appena inizia la musica, le ballerine dell'harem fanno la loro entrata in coppie, danzando.
Queste ballerine sono state comprate in vari paesi. Per la loro bellezza, come per le loro capacità e agilità, sono considerate le meglio del paese. Le persone vengono da lontano per vedere quello che solo da Gafar può essere visto. Nessun estraneo che le vede ballare in gruppo può evitare di esserne avvinto, e quando ognuna balla la danza del proprio paese, i giudici più severi vanno in estasi.
Ci sono dodici ballerine, ognuna vestita nel proprio costume nazionale. Oggi, sarà perché sentono l'umore del loro padrone o sarà che da molto tempo non danzano per lui, ma ballano con eccezionale abbandono.
Per prima, una Tibetana fa una danza della sua misteriosa patria. Poi un'Armena di Mousha balla, accompagnata da una musica lenta, una danza d’amore della sua regione, quasi addormentata, ma piena di fuoco nascosto. È seguita da una Osetinka del Caucaso in una danza leggera come l'aria. Poi una Zingara, una figlia del popolo che ha dimenticato la propria patria, in una focosa, roteante danza che sembra parlare della libertà delle steppe e il fuoco lontano dell’accampamento. Dopo di lei un Araba, inizia lentamente e accellera e accellera i suoi movimenti, fino a raggiungere una passo folle, rilassandosi improvvisamente e gradualmente viene rapita dall’estasi. Poi una Bulicistan, una Gerogiana, na Persiana, un Indiana danzatrice nauch, ognuna delle quali attraverso i suoi movimenti – manifesta l’anima, la natura, il temperamento ed il carattere della sua terra.
Gafar, indifferente a tutto, si è sempre deliziato delle sue ballerine, ma oggi le guarda quasi senza vederle tanto completamente è immerso nei suoi pensieri e sentimenti.
Durante una danza di gruppo le donne uscite ritornano. Con sguardo contrito l'anziana signora dice a Gafar che la sua proposta non è stata accettata. Gafar diventa pazzo di rabbia, manda tutti via e rimane da solo con Rossoula. Sono entrambi zitti.
Gafar cammina a grandi passi per la stanza. Si aspettava di tutto ma non questo. È stato superato il limite. Mai in vita sua ha subito una tale umiliazione. Rossoula non è meno abbattuto di Gafar. Pensa profondamente, evidentemente tormentato. Ad un certo punto il suo volto si rischiara, va da Gafar e gli parla.
Gafar ascolta con una faccia cupa. Quello che Rossoula propone va contro il suoi sentimenti più profondi, ma è offeso e indignato e vuole a tutti i costi trovare un modo. Il suo desiderio per Zeinab è quasi diventato odio, e il desiderio di vendetta per la sua umiliazione lo sovrasta. Rossoula continua a persuaderlo. Infine, dopo una breve lotta con se stesso, Gafar acconsente.
Chiamano un servo e lo mandano con un messaggio.
Gafar si risiede sul divano con un'espressione tetra e adirata. Rossoula vaga per la stanza rallegrandosi della sua inventiva e risorse.
Poco dopo, una vecchia megera entra accompagnata dal servo.
È bassa e curva con un gran naso ad uncino, capelli grigi scompigliati e vivaci occhi vaganti, faccia scura con un grosso foruncolo peloso sulla guancia sinistra; le sue lunghe, magre e nodose mani hanno unghie lunghe e sporche. Indossa un corto e lurido abito viola e pantaloni neri, ai piedi pantofole turche. È coperta con uno 'chador' sporco e nero rattoppato in vari punti con pezze colorate: in mano ha un bastone liscio.
Gafar chiede alla megera se può stregare una donna per farla innamorare di lui. La megera con espressione confidenziale, risponde affermativamente, ma quando sente il nome della donna, trema di paura e dice che in quel caso lei non può niente. Essi le offrono dell'oro, ma questa volta l'oro non aiuta.
La megera non può fare niente da sola, ma dice loro che c'è una persona che, se vuole, può stregare Zeinab. È possibile persuaderlo, ma sarà necessario dargli molto, molto oro.
Gafar e Rossoula si consultano: chiedono alla megera ed evidentemente decidono di procedere. La megera acconsente a guidarli.
Il servo entra e li aiuta con i soprabiti. Nel mentre, su ordine di Gafar, dei servi portano dalle stanze interne borse piene di doni. Poi, accompagnati dai servi che portano le borse, Gafar e Rossoula escono dalla porta sul retro.
Sipario.

Quarto Atto

La scuola del Mago Nero.
Una grande caverna. La parete di fondo ha una proiezione in mezzo; a destra una rampa per l'entrata, un passaggio conduce a una grotta più interna.
A sinistra in un recesso buio c'è una specie di camino o stufa nel quale arde un fuoco. Nel camino un calderone dal quale ogni tanto escono fumi verdastri. Di fronte al camino siete un’ispida creatura mezza nuda che attizza il fuoco con un forchettone a tre denti di strana forma e che di quando in quando getta un ciocco di legno nel camino. In una nicchia sopra il camino, uno scheletro umano e altri forchettoni di forme curiose poste al lato. Nel centro della caverna, verso la parte posteriore, si trova una grande pietra dalla forma di trono. Su di uno stendardo al di sopra vi è il simbolo del pentagramma.
Appesi al soffitto ci sono vari animali sofferenti, un gufo, un rospo, pipistrelli, e anche teschi umani e animali.
Qui e là si trovano tavolini bassi con vari oggetti sparsi, alambicchi, bicchieri, libri e rotoli di pergamena sono sparsi disordinatamente nella caverna.
Un serpente boa striscia introno liberamente, e un gatto nero cammina avanti e indietro.
Questa è la scuola del celebre Mago Nero.
Quando le tende si aprono qualcuno dei suoi studenti, passa attraverso la caverna; altri sono seduti. Alcuni stanno estraendo delle carte per prevedere la fortuna: qualcuno sta studiando le linee della mano di altri, a qualcuno – riunito in un angolo – sta preparando delle pozioni.
Gli studenti sono uomini e donne di differenti età. Alcuni giovani, altri più vecchi, ma tutti di aspetto sgradevole. Uno o due sono deformi, con disgustosi occhi strabici, capelli arruffati e verruche. I movimenti di tutti sono sottili, angolari e a scatti. Il loro atteggiamento verso gli altri è ostile e derisorio. Sono vestiti in una corta trascurata tunica violetta e pantaloni neri. Ai loro piedi vestono sandali Turchi. L’unica differenza tra il vestito degli uomini e delle donne, e che le donne vestono una cintura nera e hanno fazzoletti neri sulle loro teste. Alcuni sono tatuati sulle facce e mani.
Uno degli studenti vicino al trono inizia lentamente a fare strani, ritmici movimenti che apparentemente fanno piacere agli altri, perché ad uno ad uno essi lasciano le loro occupazioni e si uniscono a lui. A mano a mano che il loro numero aumenta i movimenti si fanno veloci e diventano più e più vari e gradualmente si distribuiscono formando un anello che ruota intorno al trono. Al momento di maggiore eccitazione un rumore e un battere si ode alla sinistra della caverna.
Istantaneamente l’anello si rompe. Seguono movimenti disordinati e scompiglio. Sgomitando l’un l’altro con paura, gli studenti corrono ai loro posti e riprendono repentinamente le loro occupazioni cercando di dare l’impressione di non averle mai interrotte.
Dalla parte interna della caverna il Mago Nero entra. Egli è un uomo di altezza media, snello, con una barba corta mezza grigia, occhi neri con folte sopracciglia e capelli scompigliati. I suoi movimenti sono precisi e con una maniera caratteristica sua propria, il suo sguardo e arrogantemente penetrante. E’ vestito con una tunica al di sotto della quale si intravede una raggiante sottoveste cremisi poco più lunga della tunica. Ai suoi piedi dei sandali Turchi: sulla testa una papalina nera. Nella sua mano un lungo scudiscio, e sul petto, appeso ad un cordone si seta nero un pentacolo doro.
All’ingresso del mago tutti si prostrano faccia a terra. Lui va al trono senza guardare nessuno ; nel suo cammino passa addirittura sopra uno dei suoi studenti. Si siede (Il simbolo sopra il trono si illumina in questo momento). Apre la sua tunica, mostrando il suo petto e ventre. Gli studenti a turno vanno da lui e baciano la sua pancia. Con un calcio egli allontana uno di loro. Gli altri con vigliacca malevolenza indicano quello caduto.
Quando la cerimonia del bacio al ventre è finita gli studenti agli ordini del Mago si mettono in riga alla sua sinistra ed ad un suo segno iniziano ad eseguire vari movimenti.
Durante uno degli intervalli una vecchia fattucchiera entra attraverso l’entrata esterna con una candela in mano. Va lentamente e con timore del Mago Nero, lo bacia sulla pancia e gli dice qualcosa in maniera tremante, puntando verso l’entrata.
Dopo un momento di riflessione il Mago fa un cenno di consenso con il capo. La vecchia fattucchiera esce camminando all’indietro e velocemente rientra con Gafar. Rossoula e i due servitori portano una borsa con doni. I servitori avanzano tremanti di paura e si guardano intorno con stupore ed orrore. Quando raggiungono il centro della caverna lasciano andare il sacco e corrono via in volata. Rossoula e anche Gafar provano altrettanta paura che i servitori.
Gafar va dal Mago e gli dice ciò che desidera. Il Mago ascolta ma quando Gafar menziona il nome di Zeinab, egli rifiuta assolutamente di fare qualsiasi cosa, conoscendo come la fattucchiera, che Zeinab è uno studente del Mago Bianco.
Gafar insiste. Indicando la borsa tira fuori il suo borsello, sfila un anello dal suo dito, prende preziosi gioielli e getta tutto di fronte al Mago.
Alla vista dell’oro e dei gioielli il Mago esita, e finalmente acconsente a fare l’incantesimo se Gafar può portargli qualcosa che è stato recentemente in contatto con la persona di Zeinab. Gafar riflette, poi improvvisamente ricorda il fazzoletto di seta che egli ha comprato dalla mendicante, e tritandolo fuori lo dà al Mago. Il Mago indica un angolo della caverna e gli dice di attendere. Quindi con voce potente da alcuni ordini agli studenti.
Alcuni di loro spostano un tavolo al centro della caverna e lo coprono con una stoffa nera ricamata in rosso ai bordi con i segni dello Zodiaco e segni Cabalistici. Altri vanno nella parte interna della caverna e portano vari oggetti tra cui una bacchetta di ebano con una sfera d’oro alla sommità e un pezzo informe di argilla che posano sul tavolo. Accanto all’argilla posizionano, aperto, un grosso libro con strani geroglifici ed il simbolo dell’esagramma e un urna, fuori della quale spunta la sommità di un osso umano.
Il Mago si toglie i suoi vestiti, riceve degli unguenti da uno dei suoi studenti, se lo spalma sul corpo, si rimette i vestiti e sopra i suoi abituali vestiti indossa una toga con lunghi lembi. La toga è tutta bordata con i segni dello Zodiaco; nella parte posteriore è ricamato il simbolo del pentacolo, e sul petto uno teschio e ossa incrociate. Sulla testa pone un alto cappello a punta ricamato con stelle di diverse dimensioni.
Poi prende il fazzoletto di seta di Zeinab e me mescola alcuni pezzetti con l’argilla, da cui modella una figura dall’aspetto umano. La one sul tavolo. Poi, nel pavimento accanto al tavolo, disegna un largo cerchio dove riunisce tutti gli studenti. Essi immediatamente di uniscono come una catena, alternativamente uomini e donne alla sinistra, incrociando fra loro le braccia all’altezza dei gomiti tenendo le mani libere. Alcuni degli studenti rimangono fuori dalla catena.
Il Mago prende la bacchetta nella mano destra e con la sinistra fa certi movimenti e sussurra incantesimi.
Si vede che gli studenti nella catena si contorcono, facendo movimenti convulsi; alcuni diventano deboli e cadono. Il loro posto e velocemente preso da quelli al di fuori della catena così che la catena non si rompa.
La figura di argilla sul tavolo gradualmente inizia a illuminarsi, all’inizio debolmente, poi sempre più forte e più luminosa. Due studenti stanno lavorando al calderone; uno costantemente gettando legna nel camino, l’altro rimescolando. Il fuoco nel camino cresce forte, e lunghe lingue di fiamma sprizzano fuori.
Il tempo passa, il movimento degli studenti nella catena diventa ancora più violento e terribile; essi stanno evidentemente usando le loro orza residua.
La figura di argilla si illumina con sempre più forza, e ad intervalli emana chiari fasci di luce. Sopra il calderone si ode un suono che aumenta gradualmente, e nel momento in cui il suono diventa molto forte, la luce nella caverna diventa bassa e improvvisamente – sopra il camino – l’ombra di Zeinab appare e lentamente si illumina. Allo splendere maggiore dell’ombra il vapore che fuoriesce dal calderone diminuisce. Le fiamme bel camino sono ancora più forti. La sfera nella bacchetta del Mago manda flash intermittenti. Il Mago a tutti gli studenti nella catena sono terribilmente convulsi. Il suono nella caverna aumenta e diventa come battere di tuono e , ad una delle terribili esplosioni, la caverna piomba nel buio.
A poco a poco la luce riappare. L’ombra di Zeinab sopra il calderone non si vede più. Le fiamme nel camino si sono spente. Gli studenti, completamente esausti, sono stesi sul pavimento. Il Mago è ricurvo sul trono, debole e spento. Uno all volta gli studenti inizano ad alzarsi. Il meno esausti fra di loro danno ai più deboli qualcosa da bere e li aiutano ad alzarsi.
Il Mago, avendo parzialmente recuperato, prende la figura di argilla, la avvolge un un tessuto e la da a Gafar con alcune istruzioni.
Tutto quello che è accaduto ha prodotto un così grande e opprimente impressione in Gafar e Rossoula che all’inizio essi non si possono muovere. Comunque, dopo un pò, con passi strascicati escono, accompagnati dalla vecchia fattucchiera.
Il Mago, che adesso ha recuperato completamente, prende la borsa con i doni e la sparpaglia sul pavimento. Gli studenti si lanciano si di essi e li raccolgono voracemente, dopo di che danzano ad anello intorno al Mago.
Nella nebbia della danza selvaggia danza il sipario cala.

Atto Quinto
LA stessa scena del Secondo Atto.
Quando il sipario si alza il Mago Bianco e tutti i suoi studenti eccetto Zeinab sono presenti.
Il Mago ed il suo assistente, con cui sta parlando, guardano uno studente che, nel gruppo, sta esibendosi in movimenti che sembrano danza.
Improvvisamente Halia corre dentro, e cade sui ginocchi di fronte al Mago e con gesti concitati dice rapidamente quello che è accaduto a Zeinab.
Quello che dice è così inaspettato che alla prima il Mano può a malapena comprendere quello che Halia sta cercando di dirgli. E’ stupito, Riflette profondamente si alza e cammina intorno alla stanza. Gli studenti, anche, sono stupiti. Di quando in quando si rivolge alla vecchia donna per domandarle altri dettagli riguardo la situazione.
In fine prende una decisione e, rivolgendosi a suoi studenti fa una proposta. Molti di loro accettano, Il Mago, avendo scelto uno di loro, lo pone su una sedia, prende entrambe le sue mani e lo guarda negli occhi. Sembra che gradualmente egli cada addormentato. Quando i suoi occhi sono chiusi il Mago fa diversi passaggi su di lui da testa a piedi. Lo studente adesso è in un sonno ipnotico. Il Mago domanda diverse cose all’uomo addormentato. Dal movimento delle labbra s’intende che lo studente sta rispondendo. La stanza diventa mezza buia.
Il significato delle risposte sono riprodotte in una serie di immagini che appaiono sul muro nero.
La stanza di Zeinab. Lei è da sola. Ogni sua posizione e movimento, ogni espressione della sua faccia, mostrano chiaramente una profonda lotta in lei. Qualche volta si solleva e cammina nervosamente nella stanza; ad un certo punto sembra che sia in grado di conquistare quello che la tormenta, e quello successivo, dominata da qualcosa di più forte della sua ragione, crolla sul divano.
Sta soffrendo terribilmente; questo è evidente dai gesti che sono pieni d’angoscia e disperazione. In certi momenti sembra che si stia difendendo da qualcosa; la sua mente sta ostinatamente resistendo ad una strana emozione o desiderio che è entrato in lei.
Halia, entrando, non riconosce la sua signora, così profondamente è ella cambiata nei suoi confronti. Vagamente nota Halia, e non presta nessuna attenzione, o risponde con gesti impazienti, alle parole e suppliche della vecchia donna. La vecchia donna esce con un espressione di mortificazione sul volto.
La tortura di Zeinab non ha fine; la lotta in lei cresce e cresce. Emozioni differenti di paura, desiderio, curiosità, vergogna, si alternano sempre più rapidamente. Un momento diventa eccitata, poi improvvisamente di fa debole, si precipita da un punto all’altro senza trovare posa.
Al momento di massima agitazione Rossoula entra, portando un vassoio di gioielli da parte di Gafar. Zeinab non è minimamente sorpresa da questa visita insolita, al contrario , sembra come se la stesse aspettando.
Rossoula, dopo aver presentato i doni, parla a Zeinab, che con nervosa agitazione gli pone domande. Prende i gioielli, e in un impeto di eccitazione e di movimenti automatici li prova di fronte allo specchio, Rossoula, nel frattempo, cerca di convincerla di fare qualcosa a cui in fine ella accetta.
Haila entra ancora. E’ stupita e non può comprendere, tutto questo è completamente insolito per lei. Realizzando alla fine quello che sta accadendo si getta in ginocchio ai piedi di Zeinabm implorandola di non cedere alle insistenze di Rossoula. Ma Zeinab sembra completamente cambiata. Tamburella con i piedi impazientemente, ordina alla anziana donna di fare silenzio, ed esce con Rossoula.
Haila rimane confusa, non sapendo cosa fare. Alla fine prende una decisione, si mette il suo scialle, ed esce di corsa.
L’immagine svanisce. La luce ritorna.
Il Mago si allontana dallo studente addormentato e cammina nella stanza, molto perplesso. I suoi assistenti, fanno diversi passaggi su quello addormentato da piedi a testa svegliandolo, e uno di essi gli porge qualcosa da bere.
Il Mago adesso comprende quello che è successo. E’ indignato ed allo stesso tempo allarmato. Dopo aver camminato in maniera agitata su e giù per la stanza diverse volte, si siede sulla sedia e riflette profondamente. Alla fine si alza e da ordini all’assistente e agli studenti.
Essi eseguono le sue istruzioni rapidamente. Spostano un tavolo al centro della stanza e puliscono lo spazio intorno ad esso. Dalla stanza interna portano vari oggetti; alcuni abiti, veri accessori, e la bacchetta su un cuscino. Coprono la tavola con un tessuto bianco ricamato ai bordi con simboli astronomici e formule chimiche.
Il Mago si veste. Mette il manipolo sulle mani; prende una speciale cintura e un peculiare tipo di copertura per piedi, rassomigliante alla gomma. Sulla testa mette un tipo di corona, ampia ornata con tre coni, dalla sottile punta rivolta in alto. Sulla sua tunica mette un soprabito che ricorda un pianeta. Nel frattempo gli studenti, sotto la direzione dell’assistente del Mago si preparano mettendo coperture simili sui loro piedi e vestono una fascia ai loro fianchi. Si lavano le mani scuotendole per qualche momento, e poi prendo un qualche tipo di bevanda.
Il Mago è pronto. Prende un contenitore dalla forma di una grande scodella e la pone di fronte a se; un altro contenitore simile ma più piccolo, lo pone alla parte opposta del tavolo. I due contenitori sono collegati da una barra di rame. Gli studenti gli danno un liquido che versa nel contenitore. Intorno al primo contenitore pone nove candele, sei sono allineate e tre sono disallineate. Prende la bacchetta nella mano destra e pronuncia delle parole incomprensibili. Nello stesso momento quattro studenti, due uomini a destra e due ragazze a sinistra, fanno passaggi sopra il contenitore piccolo. Si nota come velocemente diventano esausti facendo questo. Immediatamente sono sostituiti da altre coppie. Gradualmente il contenitore largo inizia ad emettere. Al momento della prima apparizione della luce, le tre candele spente di accendono. Ogni volta che il Mago porta la bacchetta vicina al contenitore una scintilla si accende, e con il passare del tempo la scintilla grasce sempre più. Le candele e i simboli sopra il trono bruciamo con maggiore intensità. La cerimonia diventa più energetica e intensa. Il rumore nel contenitore cresce e al momento in cui è al massimo rimbombo si ode un terribile suono di rottura nel contenitore, e un’esplosione furiosa si scaturisce.
Immediatamente piomba il buio, dopo il quale gradualmente la luce parziale ritorna, e sul muro dietro una immagine appare mostrando una porzione della caverna del Mago Nero, che, seduto su suo trono si contorce, facendo movimenti convulsi. Il Mago Bianco continua la sua manipolazione. Ancora si ode una terrificante esplosione, accompagnata da un eco dietro la scena, e accompagnata da uno stridulo fischio e da n grande boato. Il Mago Nero cade scosso dalle convulsioni dal suo trono. C’è ancora un momento di buio completo ed un silenzio oppressivo dopo il quale la luce ritorna e l’immagine della caverna scompare.
Il Mago Bianco è molto esausto; gli studenti che lo hanno assistito sono spenti come lui, ma il lavoro continua. Velocemente portano via il contenitore e le candele dal tavolo. Tolgono il tavolo e al suo posto portano una poltrona sulla quale il Mago si siede. Intorno a lui sono i suoi studenti. Il Mago, tenendo la bacchetta nella mano, chiude gli occhi e sussurra delle parole con concentrazione. Gradualmente la luce cala di nuovo. Un'altra immagine appare. Mostra parte della stanza di Gafar. Egli è semisdraiato sul divano con un espressione di gioia e di auto gratificazione guardando alla stanza interiore. Apparentemente egli aspetta qualcuno.
Zeinab entra con una donna, che, si inchina di fronte a Gafar fa cenno con la mano verso Zeinab e immediatamente ella esce camminando all’indietro.
Gafar si alza, prende Zeinab per la mano e la porta a sedersi sul divano quando tutto d’un tratto entrambi sono incollati al punto nell’esatta posizione in cui erano. Dopo una breve pausa, si girano come un automa, e escono dalla stanza.
Si vedono flash delle strade e i vicoli in cui passano come persone addormentate. L’immagine svanisce. La luce ritorna e in quel momento Gafar e Zeinab entrano. Entrambi sono in uno stato sunnabolico. Alla loro apparizione il Mago, con un segno di sollievo, si alza e si toglie la tunica. L’assistente con degli studenti fanno sedere Gafar e Zeinab su delle sedie, e svegliano Zeinab.
Zeinab, tornando in se, domanda a chi si trova intorno a lei cosa sia successo. Gli spiegano cosa è accaduto indicando Gafar addormentato. Lei ricorda all’improvviso ed esplode in singhiozzi, ed in gesto di penitenza getta si getta ai piedi del Mago.
Egli, avendo finito di spogliarsi, si china verso di lei e carezzandole i capelli la fa alzare da terra. Poi va verso Gafar che è tornato in se. Gafar è inizialmente stupito e perplesso, ma, conoscendo quello che è accaduto si altera e quasi minaccia il Mago. Quest’ultimo con un calmo sorriso gli risponde. Gafar ascolta e gradualmente si ricompone. Il Mago continua a parlare, accompagnando le sue parole con gesti e indicando la parte posteriore della stanza dove un’altra volta un’immagine appare.
Si vede una strada con una folla di persone; sono donne, bambini e persone anziane. Da una strada laterale arriva Gafar; egli è vecchio, ricurvo e flebile. E’ seguito da alcuni esseri luminosi. A dispetto della sua età, Gafar è evidentemente molto contento e allegro. Nella folla è salutato da tutti, donne e uomini si inchinano a lui e i bambini gli portano fiori. Tutto è gioia, felicitò e benedizione.
Il Mago continua a parlare. L’immagine cambia.
La stessa strada con una folla di persone. Appare ancora Gafar, ma questa volta è accompagnato da un terribile essere di colore rosso scuro. Chi lo incontra si sposta a lato con avversione e sputa sui suoi passi; i bambini gli gettano pietre; il loro disgusto e palese, ed è evidente che ognuno è in rivolta alla sola sua vista.
L’immagine svanisce. Il Mago continua a parlare Gafar è evidentemente turbato e turbato da una lotta interiore.
Il punto principale di quello che il Mago ha detto è questo:
Come tu hai visto, questo è quello che puoi mietere. Le azioni del presente determinano il futuro; tutto quello che è bene e tutto quello che è male; entrambi sono il risultato del passato. E’ il dovere di ogni uomo in ogni momento del presente preparare il futuro, migliorando il passato. Questa è la legge del fato. E ‘Possa la sorgente di tutte le leggi essere benedetta ’.
A questo momento la luce ancora diminuì; si vede qualche movimento . Quando la luce ritorna, l’assistente è in piedi alla destra del Mago e Zeinab alla sua sinistra; sta baciando la mano del Mago. Gafar è ai suoi piedi in un atteggiamento di reverenza. Intorno al trono e nella stanza gli studenti si trovano in vari atteggiamenti.
Il Mago alza la mano destra in aria. Guarda verso l’alto e sussurra queste parole come in una preghiera:
‘Signore Creatore, a tutti i Suoi assistenti, aiutateci ad essere capaci a ricordarci di noi tutto il tempo per fare si che possiamo, evitare azioni involontarie perché solo attraverso di esse può il male manifestarsi.
Tutti cantano ‘Forze trasformatevi per essere ’.
Il Mago ancora li benedice con entrambe le mani e dice ‘Possa la rencociliazione, speranza, diligenza e giustizia essere sempre con voi tutti ’.
Tutti cantano ‘Amen’.
Sipario

martedì 10 luglio 2007

PROGETTO TRADUZIONE LA LOTTA DEI MAGHI

Facendo seguito al lavoro di "Anonimo", credo che lanciare la "campagna di traduzione" della Lotta Dei Maghi sia un ottima idea.
il link per il teso in Inglese è:
Il link per la traduzione è:
http://www.scribd.com/doc/88677/Gurdjieff-The-Struggle-Of-The-Magicians

Questo è un link per scaricare la versione pdf.
http://vivereilmiracoloso.com/books/Struggle%20of%20the%20Magicians.pdf

Ogni parte tradotta, potete postarla in questo articolo. Quando tutta la traduzione sarà finita la raccoglierò in un file PDF e la renderò disponibile qui e su altri siti, e la raccoglierò tutta in questo articolo. Per ora segui il testo già tradotto.

NOTA IMPORTANTE: se state lavorando ad una parte della traduzione e SIETE SICURI d terminarla comunicatelo con un commento indicando da dove a dove state traducendo, così è possibile evitare un lavoro ridondante e terminare la traduzione in termini brevi. Per vedere le parti che sono in fase di traduzione potete controllare i commenti di questo articolo.

Grazie per il vostro aiuto e buon Lavoro.
E.
-------------------------------------------------------------
G. I. GURDJIEFF

Copione del Balletto
LA LOTTA DEI MAGHI

Stampato Privatamente
presso
THE STOURTON PRESS
CAPE TOWN SOUTH AFRICA
1952



Primo Atto

L'azione prende spazio in una grande città commerciale in Oriente.
La piazza del mercato dove varie strade e vicoli si incontrano: attorno ad essa, negozi e bancarelle con ogni varietà di merce - sete, terrecotte, spezie; botteghe di sarti e ciabattini.
Sulla destra, un fila di bancarelle con frutta: case a terrazza di due e tre piani con molti balconi, alcuni con appesi tappeti e altri con bucato.
Sulla sinistra, su tetto, un negozio di tè; più avanti, bambini che giocano: due scimmie si arrampicano sui cornicioni.
Dietro le case si vedono strade che si arrampicano serpeggiando sulla montagna; case, moschee, minareti, giardini, palazzi, chiese cristiane, templi indù, e pagode.
In lontananza, sulla montagna si vede la torre di una antica fortezza.
Tra la folla che si muove nei vicoli e la piazza del mercato, tipi di quasi ogni popolo asiatico sono essere incontrati con, abbigliati nei loro costumi tradizionali: un Persiano con barba tinta; un Afgano tutto in bianco, con un'espressione fiera e audace; un Belucistano in turbante bianco a punta e una giacca corta senza maniche e un'ampia cintura, dalla quale spuntano parecchi coltelli; un Indù-Tamil mezzo nudo, la fronte rasata e una forca bianca e rossa, il segno di Vishnu, dipinto sulla fronte. un nativo di Khiva che indossa un cappello di pelliccia largo e nero e un cappotto fittamente imbottito; un monaco buddista vestito di giallo, con la testa rasata e una ruota da preghiera in mano; un Armeno vestito di un 'chooka' nero con una cintura d'argento e un colbacco nero ('a black Russian forage cap' nel testo, n.d.t.); un Tibetano in un costume che assomiglia al cinese, orlato di pelliccia pregiata; inoltre Bucariani, Arabi, Caucasici e Turcomanni.
I mercanti bandiscono le loro merci, invitando i clienti; mendicanti con voci piagnucolanti chiedono l'elemosina; un gelataio diverte la folla con una canzone spiritosa.
Un barbiere di strada, rasando la testa di un venerabile vecchio 'hadji', racconta le notizie e i pettegolezzi della città a un sarto che pranza nel ristorante a fianco. Un funerale passa attraverso uno dei vicoli; davanti c'è un 'mullah' e dietro di lui il cadavere è trasportato su una bara coperta da un drappo funebre, seguito dalle donne piangenti. In un altro vicolo c'è una rissa e tutti i ragazzini accorrono a guardare. A destra, un fachiro a braccia aperte, gli occhi fissati su un punto, è seduto su una pelle di antilope. Un mercante ricco e importante passa ignorando la folla, lo seguono i suoi servi, trasportando cesti carichi di acquisti. Poi appare qualche mendicante esausto, mezzo nudo e impolverato, evidentemente appena arrivato da qualche zona colpita da carestia. In un negozio, cachemire e altri tessuti e materiali sono banditi e mostrati ai clienti.
Dalla parte opposta del negozio del tè, è seduto un incantatore di serpenti circondato da una folla curiosa. Passano asini carichi di ceste. Passeggiano donne, alcune indossano lo 'chador' e altre col viso scoperto. Una vecchia donna con la gobba è ferma davanti al fachiro e, con aria devota, mette soldi nella ciotola di cocco per l'elemosina davanti a lui. Ella tocca la pelle sulla quale egli è seduto e va via, premendo le proprie mani sulla propria fronte e occhi. Passa una processione nuziale; davanti ci sono bambini vestiti allegramente, dietro di loro buffoni, musicisti e tamburini. Passa il banditore, urlando più che può. Da un vicolo si sente il martellare di fabbri ramaioli. Ovunque c'è rumore, suono, movimento, risate, sgridate, preghiere, affari - la vita ribolle.
Due uomini si dipanano dalla folla. Entrambi sono vestiti riccamente. Uno di loro, Gafar, è un attraente, ben fatto, ricco Parsi di circa trenta o trentacinque anni, ben rasato tranne per un paio di baffetti e i capelli corti. Indossa una giacca di seta giallo chiaro cinta da una sciarpa rosa pallido, e pantaloni blu; sopra di questi ? ('a brocade robe' nel testo, n.d.t.), la gonna, polsini e risvolti della quale sono ricamati d'argento; ai piedi ha stivali alti di pelle gialla, le gambe ricamate in oro e pietre preziose; la sua testa è ricoperta da un turbante of a figured Indian material, dal colore predominante turchese: alle sue dita ci sono anelli con grandi smeraldi e diamanti. L'altro uomo è il suo confidente, Rossoula, vestito anche lui in modo ricco, ma più trascuratamente. Egli è basso, forte, fine e astuto, il capo assistente del suo padrone in tutti i suoi affari di cuore e intrighi. Egli è sempre di umore astuto e gaio. In testa ha un passamontagna rosso avvolto da un turbante giallo; in mano ha un rosario rosso e corto.
Gafar guarda qualche articolo e si ferma occasionalmente a parlare con qualche suo conoscente, ma evidentemente niente lo interessa. In tutti i suoi movimenti si può notare il vanto di un uomo sazio di piaceri. Con i suoi eguali egli è contenutamente civile, ma verso gli altri guarda con disprezzo o avversione. Egli ha provato tutto, visto tutto, e le cose per le quali altra gente lotta e si sforza, per lui non dura a lungo.
In questo momento, due donne spuntano da un lato della strada a sinistra, nella piazza. Una di loro, Zeinab, è una giovane, circa venti o ventidue anni, di tipo Indo-Persiano, più alta della media e molto bella. È vestita di una tunica bianca con una sciarpa verde alla vita: i suoi capelli lisci con la riga in mezzo sono legati con un fermaglio d'oro; tirato sulla testa porta uno 'chador', ma il suo viso è scoperto. L'altra è la sua confidente, Haila. Lei è una donna good-natured bassa e grassoccia. Indossa una giacca di velluto blu sotto uno 'chador' viola. La sua bocca è coperta con un fazzoletto.
Zeinab stringe un rotolo di pergamena avvolto in un fazzoletto di seta. Passa lungo la piazza, dando graziosamente l'elemosina ai mendicanti che incontra. Gafar la nota e la segue con lo sguardo. Il suo viso lo interessa poiché sembra, a una primo sguardo, ricordargli qualcuno o qualcosa. Egli si informa con Rossoula e altri conoscenti su chi ella sia, ma nessuno lo sa.
Appena dopo, Zeinab va da una mendicante vicino alla quale si trova un bambino di circa otto anni mezzo vestito con una ferita aperta sul suo braccio nudo. Appena datagli l'elemosina, Zeinab nota la ferita, e curvatasi su di lui parla amichevolmente alla mendicante a proposito di lui. Infine ella dice qualcosa a lei, indicando un lato della strada e poi il bambino. È chiaro dai gesti di lei che sta consigliando alla donna di portare il bambino dove possa essere curato.
Per tutto il tempo, Gafar non smette di osservare Zeinab.
Zeinab vuole bendare il braccio del bambino, ma non ha niente con cui avvolgerlo, allora sfoglia il fazzoletto di seta nel quale è avvolto il rotolo di pergamena e fascia la ferita. Poi, accompagnata da Haila, lascia la piazza per una strada laterale.
Gafar consulta in fretta Rossoula. È chiaro che gli sta dando istruzioni per seguire Zeinab e scoprire il possibile su di lei. Quando Zeinab sparisce, Rossoula prende la stessa strada. Gafar gli bada, poi con calma raggiunge la mendicante e comincia a parlare con lei. Riconoscendo il fazzoletto al braccio del bambino come il dono di Zeinab, lui, senza sapere perché, desidera acquistarlo. Offre alla donna del denaro, ma lei rifiuta di venderglielo. Gafar, getta una manciata di denaro e prende quasi con forza il fazzoletto dal bambino, poi va lentamente verso il centro della piazza. La donna stupita raccoglie il denaro e alza le mani al cielo, ringrazia Gafar. Poi, prendendo il bambino per mano, va verso il vicolo che le aveva indicato Zeinab.
Rossoula ritorna e con gesti deprecanti, dice a Gafar che ha scoperto che Zeinab non è una donna che è possibile avvicinare casualmente. Poi, ancora parlando insieme, Gafar e Rossoula vanno per una strada sulla sinistra.
Cala la sera. In uno dei vicoli c'è molto movimento, e fuori da esso esce un derviscio accompagnato da una folla tra cui ci sono molte donne e bambini. Questo derviscio è stato molto onorato nella terra degli ultimi ('in the country of late' nel testo, n.d.t.), e gode grande rispetto tra tutte le diverse etnie. Recita alcuni versi sacri e al ritmo del verso fa certi movimenti che somigliano a ginnastica o danza.
Il significato dei versi è:

Dio è uno per tutti,
Ma è trino (three-fold).
Gli uomini sbagliano, poichè è settuplo.
Nella sua totalità è unisono.
Nella sua divisione è multi suonante.
E in un altra divisione è contraddittorio.
Egli è ovunque in tutte le forme.
Quando gli uomini lo vedono
dipende dalle loro qualità
Quale parte essi toccano.
Ma chi tocca, se è ignorante,
Vede nella parte che tocca, tutto di Lui,
E non dubitando, prega about him.
Egli già pecca
Poiché agisce contro
Le leggi imposte
Nei comandamenti degli Altissimi.
Il comandamento è questo:
Io sono verità.
La tua incredulità ti attira (Your unbelief draws you)
Nella vicinanza con me
Poiché egli che mi vede. ...

La fine dei versi si perde nei colpi forti di tamburo intorno a un ciarlatano che vende medicine.
Il crepuscolo si infittisce. Uno ad uno i mercanti raccolgono la loro roba e chiudono i loro negozi. Nel momento in cui il muoversi della folla è al suo culmine, cala il sipario.


Secondo Atto

Nella scuola del Mago Bianco.
Una stanza ampia che sembra un laboratorio o un osservatorio con qua e là scaffali sui quali ci sono boltheads, provette e oggetti di forme fantasiose che ricordano un laboratorio moderno, inoltre parecchi rotoli di pergamena e libri.
Nel retro, una enorme finestra con tende. A sinistra, una porta conduce a una stanza più interna. A destra, una porta che conduce all'esterno.
Nell'angolo a destra c'è una clessidra. Dalla parte sinistra ci sono tavolini sui quali ci sono molte boltheads, vetri e libri aperti.
Davanti alla finestra c'è un telescopio con una strana forma, e a sinistra, su un piccolo tavolo, c'è un aggeggio simile a un microscopio.
A destra c'è una poltrona che sembra un trono, con uno schienale alto su cui è dipinto il simbolo dell'enneagramma, e a sinistra c'è una piccola sedia per l'assistente del Mago.
Quando si apre il sipario ci sono parecchi allievi, sia uomini che donne, già sul palcoscenico e altri si vedono entrare di tanto in tanto. Essi sono benfatti, piacevoli giovani con una buona e piacevole espressione sui loro visi. Indossano tuniche bianche; quelle delle ragazze sono lunghe, quelle degli uomini al ginocchio. Ai loro piedi hanno dei sandali. Le ragazze hanno capelli lisci raccolti con fermagli d'oro, gli uomini li hanno d'argento. Alla cintola hanno tutti sciarpe; le ragazze gialle, arancioni e rosse, quelle degli uomini sono verdi, blu e azzurre.
Sono tutti impegnati. Alcuni stanno sistemando e pulendo gli aggeggi, alcuni stanno leggendo e altri stanno agitando dei liquidi nelle provette. By now, il numero degli allievi è aumentato.
Dalla porta esterna entra l'assistente del Mago. È un vecchio di media statura, indossa spectacles e con una barbetta grigia. Indossa un soprabito giallo sopra un undergarment corto e bianco con una sciarpa viola alla cintola. Ha dei sandali ai piedi; sulla sua testa un cappuccio (skullcap) bianco con una sciarpa viola attorno. In mano ha un lungo rosario di madreperla, e sul petto, pendente da una catenella d'argento, c'è il simbolo dell'ettagramma - una stella a sette punti in un cerchio.
Gli allievi salutano l'assistente del mago che risponde gentilmente mentre passa da uno all'altro esaminando e correggendo il lavoro. Gli allievi continuano ad assemblare. È evidente che i rapporti tra loro sono gentili, benevoli e amichevoli.
Un inserviente entra dalla porta interna e dici qualcosa, e dal movimento dei presenti, è ovvio che attendono qualcuno.
Entra il Mago Bianco. È un vecchio alto e benfatto con un viso benigno e piacevole e una barba lunga e bianca.
abito bianco e lungo con maniche ampie e risvolti dai quali si vede una undergarment color crema. Ha dei sandali ai piedi. In mano un lungo bastone dal pomello d'avorio, e al petto, pendente da una catenella d'oro, c'è il simbolo dell'enneagramma lavorato in pietre preziose.
Al grande inchino degli allievi il Mago risponde con un sorriso gentile come se li benedicesse. Poi camminando lentamente verso il trono, e dopo aver ancora benedetto gli allievi, il Mago si siede. (In questo momento il simbolo sul trono si accende.) Gli allievi ognuno a turno, vanno da lui e gli baciano la mano, dopodiché tornano ai loro posti e riprendono l'occupazione che avevano sospeso.
In questo momento entra Zeinab. È in ritardo e ha il fiatone dalla fretta. Va subito dal Mago e gli bacia la mano. Dal modo in cui il Mago la saluta, è evidente che è una delle sue allieve preferite. Poi lei va dagli altri allievi e apparentemente dice loro le sue recenti impressioni sulla mendicante col bambino.
Uno degli allievi va dal Mago, che sta parlando col suo assistente, e gli chiede di spiegargli qualcosa. Evidentemente la risposta del Mago interessa tutti, così a poco a poco si radunano attorno a lui e ascoltano. Continuando la spiegazione il Mago si alza (in questo momento il simbolo sul trono si spegne) e andando al microscopio comincia qualche dimostrazione. Gli allievi a turno vanno al microscopio e guardano dentro. Dopodiché, il Mago va alla finestra e tira la tenda. Si vede il cielo limpido e stellato. Il Mago punta il telescopio verso il cielo. Gli allievi a turno vanno al telescopio e guardano dentro, allo stesso tempo ascoltano la spiegazione del Mago.
L'idea principale dell'esposizione è la seguente: Ciò che è in alto è simile a ciò che è in basso, e ciò che è in basso è simile a ciò che è in alto. Ogni unità è un cosmo. Le leggi che governano il Megalocosmo governano anche il Macrocosmo, il Deuterocosmo, il Mesocosmo, il Tritocosmo e altri, comprendendo in basso il Microcosmo. Avendo studiato un cosmo, conoscerai gli altri. Il cosmo più vicino di tutti per i nostri studi è il Tritocosmo, e per ognuno di noi il più vicino soggetto di studio è se' stessi. Conoscendo se' stesso completamente uno conoscerà tutto, perfino Dio, dal momento che gli uomini sono creati a sua somiglianza.
Detto questo, il Mago torna lentamente al suo trono.
Entrano l'inserviente, e avvicina il Mago, informandolo che qualcuno sta chiedendo di entrare. Avendo ricevuto il permesso, l'inserviente conduce la mendicante col bambino. Ella si prostra ai piedi del Mago e chiede aiuto, indicando il bambino. Anche Zeinab va dal Mago e intercede per il bambino.
Il Mago, dopo aver guardato la ferita, parla a due degli allievi che poi vanno nella stanza interna e ritornano, uno portando un cuscino su cui è appoggiata una bacchetta d'avorio con una grossa palla d'argento all'estremità, e l'altro portando un fazzoletto, una tazza e un barattolo che contiene un liquido. Il Mago prende il barattolo e versa il liquido nella tazza, puccia il fazzoletto in questi e lo stende sulla ferita. Poi con grande cura prende la bacchetta e, senza toccare la ferita, passa parecchie volte la bacchetta sul braccio del bambino. Quando il Mago toglie il fazzoletto, la ferita non c'è più.
La mendicante, ammutolita e stupefatta, cade in ginocchio e bacia l'orlo dell'abito del Mago. Il Mago spettina il bambino carezzevolmente e poi li congeda.
Gli allievi tornano ai loro posti e riprendono le loro occupazioni. Il Mago cammina nella stanza, andando da qualche allievo per esaminare il lavoro e dare istruzioni adatte. Poco dopo dice qualcosa a tutti gli allievi e ritorna al suo trono.
Immediatamente gli allievi lasciano il loro lavoro e si mettono in fila, e al segnale del Mago fanno vari movimenti che somigliano a danze. L'assistente del Mago si aggira tra loro e corregge le loro posture e movimenti.
Queste 'danze sacre' sono considerate essere uno dei soggetti principali di studio in tutte le scuole esoteriche d'Oriente, sia nell'antichità che al giorno presente. I movimenti in cui consistono queste danze hanno un duplice scopo: esprimono e contengono un certo sapere e, allo stesso tempo, servono da metodo per raggiungere uno stato armonico dell'essere. Le combinazioni di questi movimenti esprimono diverse sensazioni, producono varie gradazioni di concentrazione del pensiero, creano sforzi necessari in diverse funzioni e mostrano i limiti possibili di forza individuale.
Durante un intervallo, uno degli allievi indica la clessidra, dopodiché il Mago dice a tutti loro di terminare le occupazioni precedenti e prepararsi per cosa c'è dopo. Nel mentre egli stesso va alla finestra e alza la tenda.
È mattina presto e il sole si sta alzando sull'orizzonte. appena appare il primo raggio, il Mago Bianco con il suo assistente e i suoi allievi dietro a lui cadono in ginocchio. Pregano.
Il sipario scende lentamente.




Terzo Atto

Nella casa di Gafar.
Una stanza con un'alcova nell'angolo a destra, nel quale - dietro colonne intagliate - si può vedere una fontana con un bacino di marmo.
A sinistra, una porta conduce agli appartamenti interni, e alle spalle, un'altra porta conduce al giardino.
La stanza è arredata in stile Indo-persiano. A destra, panche ricoperte di tappeti e cuscini sono disposte in parecchie file contro il muro Mindari. Nell'angolo a sinistra c'è un divano basso vicino al quale ci sono parecchi tavoli intagliati. Su uno c'è un kalian e altri oggetti per fumare, su un altro un servizio da sorbetto, su un terzo un piccolo gong e su un quarto una brocca e bacinella di raffinata e costosa fattura per lavarsi le mani.
Gafar cammina per la stanza. Egli è senza giacca ma sulla testa ha un skullcap ornato di pietre preziose. Ogni suo movimento, ogni suo sguardo mostrano che sta aspettando con impazienza. Ogni tanto si siede sul divano e diventa assorto in pensieri. Egli sente che gli stanno accadendo cose completamente nuove. Lui che è sempre stato così alteramente calmo e indifferente ora è agitato e preoccupato da sciocchezze che prima non avrebbero attratto la sua attenzione. Ultimamente è diventato irritabile, sospettoso e impaziente.
Proprio adesso sta aspettando Rossoula che gli porta notizie su Zeinab, la donna che hanno incontrato al bazar un mese fa, e che Rossoula - in spregio a tutte le sue capacità ed esperienza in tali materie - non è ancora riuscito a ?allettare incitare nell'harem di Gafar. Ieri Gafar ha ordinato a Rossoula di sistemare questo ad ogni costo e quel che lo agita così tanto ora è l'aspettare il risultato degli sforzi finali di Rossoula. Ma nello stesso tempo, egli sente che tutto questo è semplicemente ridicolo. Molte volte prima era stato attratto da qualche donna, ma mentre Rossoula si occupava della faccenda, o si dimenticava delle donna oppure lei cessava di interessarlo. Ma ora, non solo non dimentica, ma per tutto il giorno pensa più e più volte Zeinab.
Rossoula entra dalla porta nel retro. Sembra molto distratto - e questo è proprio innaturale per lui. Porta notizie molto scoraggianti. Dice a Gafar che tutti gli sforzi per eseguire i suoi ordini sono falliti e non sa neanche cosa fare di più.
Entrambi riflettono seriamente. Ogni mezzo di sedurre Zeinab è stato provato: ogni cosa che possa essere fatta in questo caso è stata fatta.
Le hanno mandato molti tipi di regali: stoffe indiane antiche ricamate d'oro; i cavalli più belli - arabi, cinesi e persiani; pellicce siberiane; una rarità inestimabile quale una collana di smeraldi - il dono del Rajah di Kolhapur al nonno di Gafar; la famosa perla blu di Gafar, la 'Lacrima di Ceylon'; e infine, le hanno offerto per sua esclusiva proprietà - come un harem separato con servi e serve - l'appena restaurato castello dei Gafar, l'orgoglio della loro famiglia, il 'Soffio di Paradiso'. Ma tutto è stato inutile. Zeinab ha rifiutato ogni cosa e non ha voluto sentirne.
Gafar è perplesso. Si convince sempre di più che non ha la forza per riconciliare se stesso all'incomprensibile testardaggine di Zeinab e capisce che, in verità, lei è stata la causa del suo insolito stato mentale durante questo periodo. È evidente che in questa donna c'è qualcosa di eccezionale. I modi in cui lui, Gafar, prende tutti i fallimenti di Rossoula affascina lui stesso. In ogni altro caso si sarebbe semplicemente indignato, ma ora sebbene è incapace di reprimere la propria rabbia, nel suo cuore è quasi contento che in questo caso tutti i metodi di Rossoula siano insufficienti.
Le cose strane che osserva in se stesso portano la sua attenzione sui suoi rapporti con le donne in generale.
Grazie alla sua ricchezza, la sua eminenza e le sue circostanze di nascita, la sua vita è stata così sistemata che, già a diciassette anni, era già circondato da donne e - in osservanza con le usanze della sua zona - aveva già il proprio harem. Ora ha trentadue anni ma è ancora scapolo, nonostante il fatto che per un lungo tempo ha desiderato di sposarsi, specialmente per compiacere la sua anziana madre che sogna sempre che lui si sposi. Ma fino ad ora non ha mai incontrato una donna che, dal suo punto di vista, è adatta per essere sua moglie. Molte donne lo hanno attratto e all'inizio sembravano devote e meritevoli della sua fiducia, ma alla fine tutte dimostravano che il loro amore e devozione mascherava soltanto insignificanti sentimenti egoistici. Con alcune è stata la passione per un bel ragazzo, con altre la sete di lussuria che poteva instillare loro, con altre ancora, la vanità di essere la favorita di un nobiluomo e così avanti.
Tutto quello che ha visto lo ha totalmente disincantato. Non ha mai conosciuto una donna per cui potesse provare la fiducia e stima che, dal suo punto di vista, doveva appartenere a sua moglie. Egli si abituò a vedere su tutte le belle parole sull'amore e la simpatia di anime come le mere fantasie di poeti, e gradatamente le donne sono diventate più o meno tutte uguali per lui, distinguendosi solo nel loro tipo di bellezza e nelle loro varie manifestazioni della passione. Il suo harem è diventato parte della sua collezione di oggetti preziosi. Non può più vivere senza le sue donne quanto non può vivere senza fumare, senza musica, o senza tutti i lussi che lo hanno sempre circondato. Ma ha da tempo cessato di cercare qualcosa in una donna altro che non sia il momentaneo godimento di una cosa bella.
E ora, improvvisamente sorge in lui questa strana curiosità verso questa donna incomprensibile. Può essere possibile che ella sia veramente così totalmente diversa dalle altre? L'aspetto di Zeinab lo ha colpito al primo sguardo, ma cosa sa di più di lei? Secondo le informazioni avute da Rossoula, Zeinab è la figlia unica di un ricco khan di una lontana città. Ha ventuno anni e completamente libera, non promessa ad alcuno, e vive tranquillamente da sola, con qualche servitore e una vecchia serva di nome Haila. Al suo paese si occupa di scienze ed è venuta qui per studiare alla scuola di un celebre mago. Va ogni giorno a questa scuola e il tempo rimanente lo passa a casa sua impegnata nei suoi studi. In tutto questo c'è molto di strano, diverso da quello a cui è sempre stato abituato. Ma il pensiero di Zeinab non gli da tregua; non riesce a smettere di pensarla ed è pronto ad ogni sacrificio pur di possederla.
Ancora pensando profondamente, Gafar si alza e cammina per la stanza. Poi, evidentemente preso da un nuovo pensiero, si siede di nuovo sul divano.
È ora chiaro che è impossibile sedurre Zeinab con i mezzi che attraggono altre donne e conquistano la loro resistenza. Stando così le cose, rimane una sola cosa da fare - sposarla. Presto o tardi dovrà prendere moglie, e più belle di Zeinab non ne ha mai trovate. E se lei provasse di essere una moglie tale come l'ha sognata lui, potrebbe essere la felicità di lui e la gioia di sua madre.
Gafar ci pensa per un po' e infine parla della sua decisione a Rossoula. Poi chiama un servitore e gli da un ordine. Il servitore esce dalla porta a sinistra.
Subito dopo un'anziana donna entra dalla stessa porta. È una dei parenti più stretti di Gafar. Le spiega la sua decisione e le chiede di fare da tramite. L'anziana signora dice che farà il suo compito con piacere e non ha dubbi sul successo. È risaputo che le più famose bellezze della zona considererebbero diventare sua moglie una felicità, sapendo della sua ricchezza e posizione. Ella torna nelle stanze interne e subito ritorna accompagnata da altre due donne. Tutte e tre, velate dal 'chador', poi si dirigono verso la casa di Zeinab.
Gafar, con espressione pensosa, è ancora seduto sul divano. Rossoula cammina per la stanza e di tanto in tanto si rivolge a Gafar suggerendo varie distrazioni. Ma il pensiero di Gafar è lontano e niente lo attira. Ascolta Rossoula in modo assente e infine, solo per sbarazzarsi di lui, accetta uno dei suoi suggerimenti.
Immediatamente a un ordine di Rossoula, entrano dei musicisti che formano un'orchestra di strumenti musicali assortiti Afgani, Indiani e Turkestani. Questi strumenti sono: una zitera (una specie di balalaica a manico lungo con sette corde, suonato con un archetto), un adoutar (una specie di balalaica a due corde, suonata con le dita), un rabab (con tre corde di budello e tre corde di rame, suonato con uno stecchetto), un atarr (una specie di mandolino a manico lungo e sette corde, suonato come un mandolino), un asaz (anch'esso una specie di mandolino con tre corde di seta e tre di budello, suonato come un mandolino), un caloup (una specie di zitera con molte corde d'acciaio e rame, suonato con un ossicino agganciato al pollice), una zourna (una specie di piffero), un gydjabe (una specie di violino), un daff (tamburello), un davul (una specie di tamburo), un gaval (una specie di flauto), un galuk (una specie di clarinetto), e altri. I musicisti si siedono sul Mindari e cominciano a suonare.
Appena inizia la musica, le ballerine dell'harem fanno la loro entrata in coppie, danzando.
Queste ballerine sono state comprate in vari paesi. Per la loro bellezza, come per le loro capacità e agilità, sono considerate il meglio del paese. La gente deve venire da Gafar per vederle soltanto. Nessun estraneo che le vede ballare in gruppo può evitare di esserne avvinto, e quando ognuna balla la danza del proprio paese, i giudici più severi vanno in estasi.
Ci sono dodici ballerine, ognuna vestita nel proprio costume nazionale. Oggi, sarà perché sentono l'umore del loro padrone o sarà che da molto tempo non danzano per lui, ballano con eccezionale abbandono.
Per prima, una Tibetana fa una danza della sua misteriosa patria. Poi, un'Armena di Mousha balla accompagnata da un lento, un ballo amoroso della sua regione, quasi addormentata, ma piena di fuoco nascosto. È seguita da una Osetinka del Caucaso in una danza leggera come l'aria. Poi una Zingara, una figlia del popolo che ha dimenticato la propria patria, in una focosa, roteante danza che sembra parlare della libertà delle steppe e il fuoco lontano del accampamento. PAG27
PAG28 1paragrafo
Gafar, indifferente a tutto, si è sempre deliziato delle sue ballerine, ma oggi le guarda quasi senza vederle tanto completamente è immerso nei suoi pensieri e sentimenti.
Durante una danza di gruppo le donne inviate ritornano. Con sguardo contrito l'anziana signora dice a Gafar che la sua proposta non è stata accettata. Gafar diventa pazzo di rabbia, manda tutti via e rimane da solo con Rossoula. Sono entrambi zitti.
Gafar cammina a grandi passi per la stanza. Si aspettava di tutto ma non questo. È stato superato il limite. Mai in vita sua a subito una tale umiliazione. Rossoula non è meno abbattuto di Gafar. Pensa profondamente, e si sta evidentemente torturando il cervello. Presently his face clears va da Gafar e gli parla.
Gafar ascolta con una faccia oscura. Quello che Rossoula propone va contro il suoi sentimenti più profondi, ma è offeso e indignato e vuole a tutti i costi trovare un modo. Il suo desiderio per Zeinab è quasi diventato odio, e il desiderio di vendetta per la sua umiliazione lo soverchia. Rossoula continua a persuaderlo. Infine, dopo una breve lotta con se stesso, Gafar acconsente.
Chiamano un servo e lo mandano con un messaggio.
Gafar si risiede sul divano con un'espressione scontrosa e adirata. Rossoula vaga per la stanza rallegrandosi della sua inventiva e risorse.
Poco dopo, una vecchia megera entra accompagnata dal servo.
È bassa e curva con un grande naso a uncino, capelli grigi scompigliati e vivaci occhi vaganti, faccia scura con un grosso foruncolo peloso sulla guancia sinistra; le sue lunghe, magre e nodose mani hanno unghie lunghe e sporche. Indossa un corto e lurido abito viola e pantaloni neri, ai piedi pantofole turche. È coperta con uno 'chador' sporco e nero rattoppato in vari punti con pezze colorate: in mano un bastone liscio.
Gafar chiede alla megera se può stregare una donna per farla innamorare di lui. La megera con espressione confidenziale, risponde affermativamente, ma quando sente il nome della donna, trema di paura e dice che in quel caso lei non può niente. Essi le offrono dell'oro, ma questa volta l'oro non aiuta.
La megera non può fare niente da sola, ma dice loro che c'è una persona che, se vuole, può stregare Zeinab. È possibile persuaderlo, ma sarà necessario dargli molto, molto oro.
Gafar e Rossoula si consultano: chiedono alla megera e evidentemente decidono di procedere. La megera acconsente a guidarli.
Il servo entra e li aiuta con i soprabiti. Nel mentre, su ordine di Gafar, dei servi portano dalle stanze interne borse piene di doni. Poi, accompagnati dai servi che portano le borse, Gafar e Rossoula escono dalla porta sul retro.
Sipario.

Quarto Atto

La scuola del Mago Nero.
Una grande caverna. La parete di fondo ha una proiezione in mezzo; a destra una rampa per l'entrata, un passaggio conduce a una grotta più interna.
A sinistra in una recesso buio c'è una specie di camino nel quale arde un fuoco. Nel camino un calderone dal quale ogni tanto escono fumi verdastri.