giovedì 5 aprile 2007

...Continuò dicendo che la vita era una "spada a doppio taglio". Nel tuo paese, pensate che la vita sia solo per il piacere. C'è un detto nel tuo paese: "la ricerca della felicità" e questo detto dimostra che la gente non comprende la vita. La felicità è niente, è solo l'altro lato dell'infelicità. Ma nel tuo paese, e ora in quasi tutto il mondo, la gente vuole solo la felicità. Anche altre cose sono importanti: soffrire è importante perché fa pure parte della vita, una parte necessaria. Senza soffrire non si può crescere, ma quando si soffre, si pensa solo a se stessi, ci si sente dispiaciuti per se stessi, si desidera non soffrire perché questo non fa sentire bene, fa desiderare di fuggire dalla cosa che ci fa star male. Quando si soffre, si prova solo autocommiserazione. Non è così se sei un vero uomo. Il vero uomo sente anche la felicità a volte, la felicità vera; ma quando serve la vera sofferenza, non cerca dentro di sé di fermarla. Si deve soffrire per conoscere la verità su se stessi; si deve imparare a soffrire volendolo. Quando all'uomo arriva la sofferenza, deve farne una sofferenza intenzionale, deve sentirla con tutto il suo essere; deve volere che tale sofferenza lo aiuti a diventare consapevole; lo aiuti a comprendere.
La Rasatura del Prato e la costruzione del Se - Fritx Peters

Questa frase di Gurdjieff è molto significativa per chi lavora con il sistema dela Quarta Via. Spesso il concetto di sofferenza volontaria viene interpretato in maniera più affine alla via del fachiro che a quella dell'uomo astuto (quarta via).
Dal testo sopra risulta chiaro che il concetto di soferenza volontaria è legato al modo con cui affrontiamo le difficotà che incontriamo e non all'idea masochistia di infliggersi del male, emozionale o istintivo che sia. La tendenza dell'uomo, alimenata dal suo pensiero formatorio, e quella di rifuggire la sofferenza a causa del "dolore" che genera, del disagio che porta con se.
Il principio del lavoro è che, quando abbiamo un momento di "reale" dificoltà è attraverso la sua accettazione intenzionale e attraveso la possibilità di vivere questa esperienza in maniera più completa, che possiamo avere accesso ad una nuova conoscenza di noi stessi indispensabile al fine di poter conoscere diverse parti di noi.
Dobbiamo cnoscere noi stessi al fine di poter essere cosapevoli di noi stessi, e durante un momento di dificoltà e di sofferenza possiamo osservare quale epressione di noi stessi è in disaccordo con la realtà che ci circonda.
La sofferenza è generata nel momento in cui siamo in disarmonia con quello che ci circonda, questa disarmonia causata da mancanza di comprensione genera una sorta di cacofinia interiore che si manifesta in una mancanza di utilizzo delle enerige (ptenzialità) del momento. Queste energie devono essere eliminate, e questo avviene attraverso la sofferenza che può sfociare nell'espressione di negatività. Vi sono molte differenti sfaccettature in questa condizione, in questo post mi limito a delineare le linee di base di questa idea.
Ad esempio se mi aspetto una reazione da una persona e quesa non avviene come mi sono immaginato, provo un senso di frustrazione o di rabbia, e, solitamene, inizio a giudicare o a lamentarmi dell'accaduto, trovo giustificazioni che avvalorano il mio pensiero e danno senso alla mia frustrazione, fino a che, con il passare del tempo non ci penso più e continuo la mia vita, nel migliore dei casi. Questo esempio mostra un tipico momento di sofferenza. Se attraverso il lavoro imparo ad osservare e ad usare questo momento posso vedere: gli Io irreali che hano generato le aspettative, l'incapacità di gestire il mio centro emozionale, la non presa di coscienza della realtà in cui mi trovo in quel momento, l'atto di distruzione innescato dal mio giudizio. Solo questa piccola descrizione mostra il perché siamo così refrattari ad usare la sofferenza; se dovessimo vedere quello di ci ho scritto sopra la prima reazione sarebbe: si vabbé allora è solo colpa mia...
Beh il lavoro ci mostra quanto siamo sbilanciati e quando dobiamo fare per divenire padroni di noi stessi, ma siamo troppo pigri per rimboccarci le maniche ed assumerci sulle nostre spalle la responsabilità della nostra evoluzione.
Lavorare con la sofferenza è impegnativo richide grandi sforzi e umiltà, anche se comunque rappresenta la migliore terza forza per fare si che il desiderio di cambiamento diventi una necessità. Quando soffriamo c'è qualcosa di meccanico che vole uscire da questo stato, se lo impariamo ad usare intenzionalmente (sofferenza volontaria appunto) per i nostri scopi possiamo deviare l'ottava e renderla ascendente.