venerdì 16 marzo 2007

Il lavoro è graduale.

Dobbiamo imparare a lavorare gradualmente, prima dobbiamo conoscere le diverse idee del sistema per poi scoprire le differenti parti che agiscono di noi.
All'inizio è sufficiente restare collegati alle idee, cercare di approfondirle intellettualmente, lasciare andare il pensiero associativo collegato ad esse, in questo modo iniziamo a renderle parte del nostro pensare attivo. Questo non è ancora fare il lavoro, è una fase preparatoria; di studio e familiarizzazione con le idee. E' importante in questa fase cercare di ricollegarle a quante più manifestazioni e situazioni ci circondano, non devono rimanere solamente nel mondo delle "possibilità", ma devono confrontarsi con la nostra vita quotidiana. Se riusciamo a vedere il senso delle idee dl sistema a livello della realtà che ci circonda questo ci aiuterà a creare la necessaria terza forza per le fasi successive del lavoro.
In realtà quanto più si lavora tanto è più possibile lavorare e tanto più ci è richiesto nel lavoro.
La fase successiva è rappresentata dalla decisione di dedicare un tempo specifico a precisi esercizi. Si può decidere di dedicare mezzora al giorno per iniziare; quella mezzora deve essere "sacrificata" al lavoro, deve essere una scelta emozionale, motivata dal desidero di avere di più dal lavoro, di renderlo parte attiva della nostra vita, per quel periodo di tempo siamo completamente dediti agli esercizi e scopi che ci siamo prefissati. Questo è il tempo del lavoro, quando abbiamo imparato ad usare le idee aumenteremo il tempo che dedichiamo agli esercizi, il resto del tempo, per adesso, non è necessario pensare al lavoro, prima è necessaria una certa preparazione; una volta che questa è stata raggiunta avremo sviluppato differenti parti di noi che inizieranno a manifestarsi anche in momenti differenti da quelli che abbiamo scelto per il lavoro.

Queste sono le direzioni pratiche che dobbiamo tenere presenti nel nostro lavoro e nei nostri esercizi, da questo inizia tutto e senza questo nulla è realmente possibile. Per quanto tempo questo deve essere fatto non è definibile a priori, dipende da molti fattori, ed è necessario il lavoro con gli altri ed il confronto con chi ne sa più di noi per comprendere a che punto siamo.

La seconda fase, quella in cui sacrifichiamo tempo intenzionale al lavoro, introduce un tipo particolare di esercizio, quello del riconoscimento dei differenti centri (Gurdjieff ne parla in modo dettagliato nei suoi incontri). Attraverso degli esercizi specifici iniziamo a distinguere i differenti centri e le loro manifestazioni; grazie a questa pratica conosciamo le loro differenti espressioni e potremo, nel tempo, iniziare a riconoscerli nella vita di tutti i giorni.

sabato 10 marzo 2007

Day 2.
You know that I have said, over and over again, that Gurdjieff's work does not consist in withdrawing from life. It does not consist in repudiating any of the obligations of life. We have the obligation towards ourselves to live our own lives with their possibilities. We have the obligation toward our immediate surrounding, our families, or dependents. If anyone thinks that he can carry out his own inner transformation bu turning his back on the outer life, he deceives himself entirely, and he is in a great danger of being quite lost in dreams. Or chief recourse against the danger of being lost in dreams is to learn how to live outwardly and how to fulfill the obligations of our outer life.

J.G. Bennett "Making a Soul"

Spero che sia comprensibile a chi conosce l'inglese, comunque la traduzione sarà pubblicata a breve.
In sostanza non è scappando dalle proprie responsabilità, e da ciò che ci ha creato, che possiamo aspettarci di trovare il Lavoro, forse possiamo costruire qualcosa ma fino a che non paghiamo il debito della nostra esistenza in relazione a cio che siamo non saremo mai realmente liberi.


venerdì 9 marzo 2007

Il Parlare Inutile

Day One.
Il parlare inutile è uno degli ostacoli al risveglio. E' molto difficile lavorare con l'idea del parlare inutile perché, ogni volta che parliamo, l'identificazione del momento si esprime attraverso la sensazione che quello che abbiamo da dire è estremamente importante, questo fa si che difficilmente valutiamo le nostre esternazioni come parlare inutile.
Attraverso il Lavoro con le idee del sistema approfondiamo la conoscenza del principio di scala e relatività, l'idea del livello d'essere, della meccanicità ecc. Quando iniziamo a verificare queste idee comprendiamo che le cose accadono per delle ragioni specifiche e nulla è casuale, un certo atteggiamento l'espressione di certi stati d'animo traggono origine da cause definite.
Il processo in cui iniziamo ad assorbire le impressioni senza respingerle si esprime attraverso l'accettazione consapevole della espressione della realtà che ci circonda.
Questo a livello di espressione personale ha delle forme precise.
Quando non siamo in grado di assimilare o digerire un impressione, ad esempio una persona che fa qualcosa che reputiamo stupido, abbiamo la necessità di eliminare ciò che abbiamo ricevuto, e questo si esprime attraverso il giudizio o l'indignazione, parliamo e parliamo di quello che è accaduto mostrando chiaramente quelle che sono le ragioni e le profonde motivazioni della nostra reazione. Siamo giustificati dalla realtà!! Mai ci potrebbe venire in mente in quel momento che siamo catturati dal parlare inutile.
Lo stesso esempio interpretato in termini di lavoro è che l'impressione che entra, evoca comunque immediatamente il giudizio, ma una parte di noi ha imparato a riconoscere l'idea del giudizio come una limitazione alla propria possibilità di comprendere, un respingente che non ci permette di vedere in una realtà più vasta. L'idea è di non eliminare l'energia dell'impressione che abbiamo ricevuto, ma di usarla nel tentativo intenzionale di cercare di osservare da punti di vista differenti usando strumenti di analisi più profondi, e affidandoci alle nostre verifiche delle idee del sistema. Cosa vuol dire questo praticamente? Possiamo cercare di comprendere in che stato emozionale si trovava la persona, che tipo di corpo o di centro di gravità è come, possiamo ricordare come in certe condizioni ci siamo trovati noi stessi ad agire in modi strani, e possiamo comprendere che l'idea di strano appartiene forse solamente a noi e per qualcun altro è estremamente normale agire in certi modi.
Sostanzialmente attraverso un lavoro di comprensione arriviamo ad un idea di accettazione consapevole, che ci permette di vivere il concetto di "vivi e lascia vivere". Certamente questo non ha niente a che vedere con l'idea di subire o di non essere forza attiva in una direzione che reputiamo migliore, ma è fondamentale comprendere l'idea che se non ci identifichiamo con quello che diciamo e di conseguenza con quello che pensiamo siamo più liberi nelle nostre scelte.
Quando iniziamo a sperimentare questo sforzo iniziamo ad avere momenti di grande difficoltà; se riusciamo a comprendere la semplice realtà dell'espressione altrui, ad esempio, ci accorgiamo che non abbiamo nulla da dire, che ogni cosa è al suo posto su un piano più alto, questa è una sensazione che terrorizza la macchina, perché in quel momento ci rendiamo conto che all'incirca il 70% del nostro tempo lo passiamo a parlare di cose inutili che semplicemente non abbiamo compreso, questa paura del vuoto se non facciamo attenzione ci riporta direttamente alla necessità di riempire il silenzio della consapevolezza che si è creato in noi con le parole dell'identificazione (considerazione interna).
Il passo successivo, come da saggio consiglio di A. è quello di riuscire ad interrompere il processo del palare inutile (identificazione) nel momento in cui accade. Si forse potrà sembrare ridicolo che ad un certo punto in una discussione ci fermiamo ed iniziamo a guardarci intorno come se fossimo appena arrivati, ma sicuramente in quel momento se contrastiamo la considerazione interna lo stato in cui ci troveremo è il più bel regalo che ci possiamo fare.

giovedì 8 marzo 2007

La lotta tra il Si e il No

J.G. Betten nel suo libro "Making a Soul" (disponibile solo in Iglese per quanto ne so), espone un concetto veramente interessante; in riferimento al lavoro sulla consapevolezza distingue due mondi, quello dei fatti, che appartiene alla sfera delle funzioni e quello delle possibilità che appartiene alla sfera della consapevolezza.
Solitamente nelle nostre vite quotidiane, se non siamo mossi da qualche shock, accadiamo, cioè agiamo e reagiamo in maniera assolutamente meccanica attraverso le informazioni che sono state registrate nei nostri centri inferiori. In questo senso non abbiamo scelta, non valutiamo possibilità differenti perché non siamo presenti a quello che ci accade, esso avviene.
Quando iniziamo a lavorare su di noi, e fin da quando iniziamo a sentire il bisogno di un reale cambiamento, accediamo ad un differente mondo, quello delle possibilità. Sarà successo a molti di vedere, in un momento di maggiore consapevolezza, che le risposte che diamo sono relative e che ci possono essere diversi apporci ad una situazione e tutti ugualmente giusti. Quando poi introduciamo l'idea dell'essere di una persona comprendiamo come ogni risposta ha una suo "valore di esistenza" in relazione a dove si trova la persona che la esprime, anche se apparentemente senza senso.
Il mondo in cui tutte le risposte esistono è il mondo delle possibilità. Possiamo avere accesso a questo mondo solamente quando siamo più consapevoli di noi stessi, perché questo significa avere la possibilità di separarci dalle risposte automatiche della nostra meccanicità e iniziare ad esplorare una più vasta possibilità di azione.
Entrambi questi mondi devono esistere simultaneamente, se esiste solo il mondo dei fatti siamo interamente persi nella meccanicità delle nostre funzioni, ma dare troppo spazio al mondo delle possibilità rischia di diventare una fuga in un mondo immaginario, le nostre "possibilità" devono confrontarsi con la materialità di un mondo fattivo. Il punto di contatto tra questi due mondi è l'attenzione (l'idea di attenzione ha un'accezione particolare nella Quarta Via); solo quando abbiamo un certo livello di attenzione siamo in uno stato di maggiore separazione dalle nostre funzioni e possiamo inserire delle variabili nuove, iniziamo a sviluppare una parte di noi che non è legata alle funzioni, che non è le funzioni, è la parte che viene chiamata coscienza, o Centro Emozionale Superiore.
Questo lavoro è qualcosa che dev'essere sviluppato nel tempo, ha differenti gradi e profondità di espressione. Si fonda sulla lotta tra il Si e il No, tra il principio affermativo e quello negatorio. In ogni situazione impariamo ad osservare e a domandarci se è quello il modo con cui desideriamo esprimerci, se c'è qualcosa di meglio che possiamo fare, impariamo a non indulgere semplicemente nella giustificazione delle nostre risposte. Non dobbiamo avere paura degli errori, Gurdjieff diceva che è necessario compiere errori perché sono gli shock che ci riportano al Lavoro.
Nella lotta tra il Si e il No, tra il desiderio di essere presenti a noi stessi e la velocità delle risposte meccaniche dobbiamo inserire un altro elemento, la terza forza, il risultato della triade, perché stiamo facendo quello che facciamo?, cosa vogliamo raggiungere?. Senza uno scopo, senza un desiderio ogni azione si perde nella ripetizione meccanica di un atteggiamento da bravo studente; dobbiamo avere chiaro a livello emozionale il sapore di ciò che consideriamo il successo di uno sforzo e desiderarlo come dell'aria sott'acqua, con lo stesso bisogno di vita.
Anche in questo ci sono gradi, il sistema della Quarta Via fornisce un corpus di idee che inizialmente e per lungo tempo sono la terza forza del lavoro; il desiderio e lo sforzo di verificarle è quello che genera la spinta, il risultato delle verifiche contiene la componente emozionale per i passi successivi. E' per questo che non esiste il modo giusto, ognuno di noi ha le proprie capacità e possibilità e se qualcuno non verifica quello che noi abbiamo verificato non è meglio o peggio e solo differente (ricordate il mondo delle possibilità).

Ogni sana osservazione porta alla scoperta di qualcosa di nuovo o all'approfondimento di qualcosa che già conosciamo, se rispettiamo gli errori senza usarli come scusa e il nostro lavoro continuerà a crescere, con l'aiuto e lo scambio di chi ci stà vicino.

lunedì 5 marzo 2007

Il Mentire

Innumerevoli volte ormai mi sono trovato a parlare con amici e persone, di idee differenti, scambiando punti di vista relativi al lavoro e alle che possibili "scelte migliori" in relazione al percorso per raggiungere una maggiore consapevolezza.
Spesso mi sono trovato a fronteggiare la mia debolezza di fronte alla difficoltà di comunicare e di comprendersi, debolezza che si manifesta con l'espressione di negatività; che prenda la forma di un urlare contro qualcuno o di chiudersi in un silenzio giudicante, resta comunque sempre un processo di crimine, che come tale porta con se una mancata comprensione della realtà e delle forze in gioco ed un inutile perdita di energia.

Uno dei punti fondamentali che ho potuto osservare è la mia mancanza di "considerazione esterna", espressa nell'incapacità di vedere chi ho di fronte, quali sono le potenzialità del mio interlocutore e, in base alla comprensione delle sue scelte, quali possono essere i punti che innescano una risposta difensiva o evocano differenti respingenti. Non sono riuscito a vedere che certe considerazioni possono sembrare giuste osservazioni, ma in realtà rappresentano stilettate difficile da gestire.
Questi momenti mi hanno portato a riflettere sulle cause e gli elementi che entrano in gioco durante un confronto. Prima di tutto se non vi è uno sforzo da entrambe le parti di fiducia e sincerità la comunicazione si basa su uno scontro tra "false personalità" che cercano di proteggere o guadagnare una posizione.
Senza uno scopo non è possibile iniziare un reale confronto che può mettere in evidenza lati della nostra meccanicità su cui dobbiamo lavorare. Senza uno scopo siamo in balia degli Io che vengono evocati in maniera automatica e delle loro automatiche risposte che, per esperienza, rappresentano nella maggior parte dei casi atteggiamenti difensivi al limite della stupidità (pur di difendere le nostre posizioni siamo in grado di dare per vere le più profonde assurdità, anche se in realtà non crediamo ad esse).
Anche avendo uno scopo certe esperienze non possono essere trasmesse perché non appartengono al bagaglio d'esperienza della persona con cui stiamo comunicando. Un esempio che mi sono trovato a vivere riguarda il tentativo di spiegare ad un amico che la condizione in cui ci trovavamo era controllata da un altro individuo, ma lui personalmente non aveva avuto questa esperienza emotiva e per quanto ci provasse non riusciva a percepire il valore emozionale delle parole che gli dicevo e finivamo sempre per litigare, Io cercavo di fargli vedere quello che vedevo e lui mi diceva che non lo vedeva e mi sbagliavo, e questo mi faceva impazzire ed esprimere negatività. Questo esempio spiega l'idea che il lavoro non può essere fatto per nessun altro, se una persona non passa per certe esperienze emozionalmente non è in grado solo con il centro intellettuale di comprendere, tanto più se emozionalmente è coinvolto nella direzione opposta.
Un'altra condizione che dobbiamo considerare è l'idea della menzogna, nel sistema è descritta come di un ostacolo al risveglio. La menzogna non è intesa come la condizione in cui mentiamo intenzionalmente, ma come la condizione in cui mentiamo senza renderci conto che stiamo mentendo. La menzogna è connessa al proprio essere, mentiamo in relazione a quello che siamo. Solitamente giustifichiamo noi stessi in base al nostro essere e se siamo ignoranti su qualcosa spesso mentiamo senza rendercene conto trovando ragioni che motivano il nostro agire.
Nel lavoro su di se abbiamo bisogno gli uni degli altri in una relazione di fiducia perché questo è il solo modo con cui possiamo prendere dall'essere di altri (più sviluppato del nostro in certi campi) e possiamo dare all'essere di altri, permettendo di svelare certe menzogne che ci tengono imprigionati nelle nostre meccanicità. Certo è un processo che può essere molto doloroso ed è per questo che la tendenza a respingere è così forte e rende il lavoro di gruppo così difficile, ma senza di esso non vi sono reali possibilità di vedere al di la del nostro naso.
Abbiamo bisogno gli uni degli altri, ma allo stesso tempo respingiamo questa possibilità come possiamo, se impariamo a vedere questo le nostre conversazioni possono essere più vaste e la nostra possibilità di guadagnare da ogni persona si può espandere insieme alla nostra capacità di comprendere e vedere di più noi stessi.

Buon lavoro a tutti e buona fortuna.