giovedì 26 giugno 2008

Sindrome della Salvezza Personale

Una nuova Trappola del Lavoro Immaginario.
Grazie a Jgor,
Buona Lettura,
E.


Questa è una trappola subdola e pericolosa. E' stata il corso delle tre religioni Abramiche, Giudaismo, Cristianesimo e Islam. Ha fatto tendere tutte queste religioni in culti della colpevolezza in cui devoti implorano il loro dio di perdonarli per i loro peccati e di garantire loro qualcosa vagamente descritta come salvezza. Salvezza da cosa? Dall'inferno presumibilmente. Dalle fiamme eterne, che è uno dei perniciosi meccanismi che i preti di queste religioni hanno inventato per terrorizzare i seguaci, per comportarsi come i preti pensano che debbano comportarsi. Un grande errore evidenza la sindrome della salvezza personale. Quelli che ne sono affetti immaginano che loro stessi, il così detto ego, possa essere salvato o dannato. Se andranno in paradiso, sarà la loro personalità, il Signore o la Signora Jones che ascenderà tra le arpe e gli angeli, Se cadranno all'inferno, saranno ancora il Signore o la Signora Jones tra grida e gemiti diavoli e fuoco eterno. Così le vite del Signore e della Signora Jones di cui sopra, dominate come sono da assurde superstizioni, diverranno pervase da un senso di colpa e peccato e un desiderio fuori luogo per la salvezza personale.
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lunedì 23 giugno 2008

J.G. Bennett – Making a soul

Bennett: c’è qualcosa in noi che si “nasconde”. Da questo “qualcuno che si nasconde”, vari impulsi entrano nella nostra vita, entrano nella nostra esperienza, nella nostra coscienza, e così via. In maniera impercettibile, ci identifichiamo con essi; ma qualche volta siamo in grado di vedere, realmente con sgomento o addirittura orrore, che sono presenti in noi diversi atteggiamenti riguardo le persone o le nostre responsabilità, che non possiamo accettare, che vogliamo ripudiare. Nel complesso, abbiamo successo nel metterle da parte, e non farci disturbare, ma rimane qualcosa in noi che desidera nascondersi.
Obbligare se stessi a vedere questo è molto doloroso. Questo non significa che io soffro, ma che qualcosa che desidera nascondersi non può sostenere di trovarsi sotto la luce. Essere in grado di vedere se stessi in maniera che qualcuno rimanga sotto i nostri occhi, sotto osservazione, questo è una punizione per l’eternità(riferimento alla parabola della divisione delle pecore e capre nei vangeli). Una cosa è se non abbiamo completamente tradito la ragione della nostra esistenza o completamente sprecato i “talenti” (parabola dei talenti nei vangeli) nelle nostre mani, ma figuratevi in voi stessi qualcuno che ha, e che sempre ha rifiutato di vedere ciò che ha, ma che un giorno si troverà – avendo rifiutato di vedere – costretto a vedere la realtà.

J.G. Bennett – Making a soul pag 81

venerdì 20 giugno 2008

Sindrome dell'Organizzazione

Nuova traduzione delle trappole di De Ropp.
Buona lettura,
E.

Questa è una trappola pericolosa e una in cui possono cadere interi gruppi di individui. Gioca un ruolo importante nel Lavoro di fantasia e può essere chiamata la pietra angolare di tale Lavoro.

La sindrome dell'Organizzazione si sviluppa quando un vero Maestro muore e il suo più vecchio allievo considera suo dovere continuare il lavoro del maestro. Così si forma una organizzazione. Si costituisce una gerarchia. La posizione nella gerarchia non dipende dal loro personale livello di essere , ma da quanto tempo sono stati nel Lavoro e dalla vicinanza al Maestro quando era ancora vivo.

Questa gerarchia tende a fossilizzarsi. Essi scoraggiano l'indipendenza e la libertà di pensiero e si rifugiano nella rigida ortodossia. Ogni cosa il Maestro pensava diventa sacra anche se era percettibilmente spazzatura messa per testare il livello di credulità dell'allievo. Tutti i metodi usati dal maestro devono essere trasmessi esattamente come furono da lui pensati. Questi 'pilastri dell'"ortodossia" non prendono mai in considerazione il fatto che i tempi cambiano, che la gente cambia, che i metodi che provati in un posto e tempo non possono essere validi in un altro posto e in altri tempi. Essi cadono anche nel non comprendere che nel Lavoro, la durata dell'appartenenza non è equivalente alla progressione spirituale. Il fatto che uno sia stato quaranta o cinquanta anni nel Lavoro o che conosceva intimamente il maestro non lo rende un essere liberato.

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martedì 17 giugno 2008

La Sindrome del Falso Messia

Una nuova parte delle "trappole" esposte da De Ropp, grazie ancora ad Jgor per la traduzione.

Vi sono ancora tante cose da tradurre rinnovo l'invito per i lettori del blog a farsi avanti per aiutare a smaltire il materiale che attende di essere reso disponibile in italiano.

Buona lettura.
E.

Questa trappola è l'opposto della trappola dell'occhio stellato. Chi cade in questa trappola è convinto di essere un Maestro, capace di trasmettere agli altri verità riguardo alla vita spirituale. La categoria del falso messia non include quello che potrebbe essere chiamato artista della coscienza spirituale. Queste persona, deliberatamente, per il proprio piacere personale, iniziano una qualche religione e fanno molto bene il lavoro. Sono semplicemente dei venditori che trafficano in sogni. La loro attività potrebbe essere meglio vista come una divisione dell'industria del divertimento. Le vittime della trappola numero 3 sono abbastanza sincere. Essi credono davvero in quanto fanno. Generalmente hanno avuto una esperienza religiosa di un tipo o di un altro. Forse sono stati in India e hanno preso qualche idea da qualche guru. Forse hanno preso droghe e avuto ciò che si chiama "esperienza psichedelica". Forse hanno semplicemente accorpato idee prese da qui e da là che presentano come un sistema.

Tutte le vittime della sindrome numero 3 hanno una cosa in comune. Sono in un viaggio nell'Ego. Hanno bisogno di adepti, più sono meglio è. Questa è la caratteristica che li distingue da un vero maestro. Il vero maestro non cerca mai di attrarre i discepoli. Al contrario tende a scoraggiare i discepoli , avvertendoli che la via è difficile, che è meglio rimanere addormentati che mezzi svegli.

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venerdì 13 giugno 2008

La Sindrome del Devoto

Un altro capitolo delle trappole di De Ropp. Grazie a Jgor.
Buona lettura.
E.

Un nome alternativo per questa trappola è la sindrome dell'occhio stellato. Comporta una devozione fanatica e una cieca fiducia in un maestro o in un insegnamento. Questa devozione acceca completamente il devoto. Distrugge ogni capacità di ragione oggettiva, che la sua vittima non potrebbe mai aver posseduto. Tutte le emozioni sono focalizzate sul Maestro che ha lo stato di un dio negli occhi del devoto. Il maestro non può sbagliare. Gli insegnamenti del maestro devono essere accettati letteralmente e integralmente. Se il maestro dichiara che ci sono due lune nel cielo,allora devono esserci due lune a dispetto del fatto che nessuno ha mai visto le tracce della seconda luna. Se il maestro dice che c'è una legge cosmica che porta i pianeti a crescere fino a diventare soli e i soli a diventare galassie, questo deve avvenire anche se è fisicamente impossibile.
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martedì 10 giugno 2008

La Sindrome del Pensare-Parlare

Prosegue la traduzione del testo di De Ropp sul Lavoro Immaginario, di seguito la prima "trappola", grazie a Jgor per il suo lavoro di traduzione.
Buona Lettura,
E.

Questa è una trappola molto subdola in cui cadere. Si parla del Lavoro. Si pensa al Lavoro, Ma parlare e pensare del lavoro non produrrà mai risultati, come parlare e pensare del sesso non farà nascere un bambino. Il lavoro comporta il fermare il dialogo interiore, ma noi che ci siamo abituati a continui scambi interiori, non siamo a nostro agio nello stato di silenzio. Noi abbiamo la necessità di parlare a qualcuno di qualcosa. Se non troviamo nessun altro parliamo a noi stessi. Questa abitudine di parlare del Lavoro è incoraggiata dalla tendenza di coloro che pensano di essere "nel Lavoro" di trovarsi in gruppi. Teoricamente questi gruppi dovrebbero servire ad un utile proposito. Il loro intento è incoraggiare lo scambio di osservazioni, di promuovere l'obiettività, la sincerità e così via. I gruppi raramente raggiungono questo scopo perché, in molti casi, l'ultima cosa che le persone vogliono fare in questi gruppi è confrontarsi con le proprie debolezze. Si proteggono dal confronto attraverso un sistema elaborato di ammortizzatori e non anno intenzione di sacrificare questi ammortizzatori.
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domenica 8 giugno 2008

Gli Idrogeni

Per studiare il ruolo dell'uomo in relazione al tutto è necessario avere un'immagine della successione di cosmi di cui facciamo parte, nel sistema questa successione è chiamata Raggio di Creazione ed è la catena che unisce ogni cosa che esiste. L'uomo vive sulla Terra che è un pianeta del sistema solare, l'uomo dipende dal sole, il sole è parte, come stella, della Via Lattea, la quale è una galassia che fa parte di un sistema di galassie. L'insieme di galassie è un unico insieme che rappresenta l'unità, il tutto che nel sistema è chiamato Assoluto; tutti i cosmi sono contenuti in esso e dipendenti e collegati ad esso.

La scala del Raggio di Creazione è rappresentata:
Assoluto
Tutti i mondi
Tutti i soli
Sole
Pianeti
Terra
Luna

Ogni mondo discende dall'Assoluto, ma la "volontà" dell'assoluto agisce direttamente solo al livello di Tutti i Mondi e Tutti i soli, ma non sui livelli successivi.

Possiamo comprender questo in una certa misura mediante analogia. Se prendiamo l'uomo come Assoluto e cerchiamo di scoprire i limiti estremi che possono essere raggiunti entro lui stesso dalla sua volontà, persino la conoscenza più superficiale della fisionomia ci darà una risposta a questa domanda. La volontà dell'uomo (prendendola come un concetto condizionale) può governare i movimenti di tutto il corpo, di membra separate, di alcuni organi e del suo respiro. Se un uomo concentra la propria attenzione sulla punta del suo naso, comincia a sentirla. Mediante questa concentrazione egli può addirittura provocare una leggera sensazione in alcuni tessuti.
Ma non può in alcun modo manifestare la propria volontà in relazione a qualche cellula separata nel suo corpo. Le cellule sono troppo piccole per questo. La volontà dell'uomo si può manifestare solamente in relazione ai tessuti; in relazione alle cellule non si può più manifestare.
Se prendiamo l'uomo come analogo dell'Assoluto, i tessuti corrispondono a Mondo 3, le cellule a Mondo 6.

La Quarta Via - pag. 231

mercoledì 4 giugno 2008

La consapevolezza esercizi di base

La consapevolezza (il risultato del lavoro congiunto di conoscenza ed essere) come l'attenzione è qualcosa che dobbiamo esercitare, e che cambia con il tempo e lo stato interiore in cui siamo. I diversi livelli di coscienza portano con se diversi gradi di consapevolezza del nostro mondo interiore ed esteriore. Per raggiungere stati di coscienza "superiori" dobbiamo imparare a creare un substrato intenzionale di cui questi stati possono nutrirsi, e dove possano fondare le basi su cui ergersi.
Questo è uno degli obiettivi degli esercizi, in particolar modo degli esercizi che servono ad affinare le nostre percezioni e la consapevolezza del nostro mondo interiore ed esteriore.
Di seguito una serie di suggerimenti ed esercizi per i differenti centri. Sono da considerare come uno stimolo ed un'introduzione, in questo tipo di sperimentazione la creatività individuale è importante perché l'obiettivo non è quello di essere "efficienti" ma di ampliare le proprie percezioni.
Questi esercizi sono da portare con se durante la giornata, usandoli impariamo e fortifichiamo le nostre capacità percettive.
Uno sforzo aggiuntivo che dovete sempre cercare di fare quando fate qualunque di questi esercizi è quello di dedicare una parte della vostra osservazione agli altri centri, alla loro reazione mentre state facendo l'esercizio o semplicemente a cosa stanno facendo mentre fate l'esercizio. Ad esempio quando sto assaggiando un cibo intenzionalmente posso osservare cosa penso in quel momento, cosa sento emozionalmente se gioia, indifferenza o altro, a come è posizionato il mio corpo o al movimento del braccio che porta il cibo alla bocca. Ovviamente la cosa a cui faccio maggiormente attenzione è il sapore del cibo, perché in quel momento questo è il mio
centro di gravità.
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