venerdì 27 novembre 2009

Essere sinceri con se stessi

Essere sinceri con se stessi
Questo è uno dei soggetti più importanti nel lavoro su di sé.
E' quello che dovremmo imparare attraverso la comprensione (conoscenza ed essere).
Questo post è aperto ai commenti in relazione a questo soggetto.

5 commenti:

Enzo ha detto...

Mah rompiamo il ghiaccio chissà che non ne segua qualcosa...
Essere sinceri con se stessi.. inizierei con il riflettere sul significato della frase:
Essere, dal punto di vista del sistema questo evoca l'idea che per poter attuare quanto indicato è importante raggiungere uno stato particolare, per poter proseguire dobbiamo entrare in contatto con noi stessi con la nostra parte più vera, intendendo con questo quello che realmente esprimiamo piuttosto che quello che crediamo di essere (osservazione, attenzione divisa).
Sinceri, il termine sincero vuol dire (dal dizionario di Italiano):si dice di persona che non mente, che non inganna, che sente e agisce senza falsità o doppiezza.
Beh la definizione è tutto un programma se analizzata parola per parola e assunta come personale responsabilità credo che possa essere di grandissimo stimolo per affrontare e osservare le nostre azioni durante la giornata.
Con sé stessi, ecco questo in relazione alle idee della Quarta Via porta al pensiero di quale è il nostro sé visto che il lavoro porta proprio a scoprirlo e l'azione di essere sinceri con se stessi è un circolo che si nutre di sé stesso.
Raggiungere lo stato di sincerità per quello che riguarda la mia esperienza e qualcosa di graduale che si costruisce nel tempo e che si rinforza e stratifica nel nostro essere facendoci conoscere sempre meglio quello che siamo.
Il presupposto per incominciare questo percorso è quello di iniziare a lasciare le certezze che abbiamo relativamente a noi stessi, ma non in maniera assoluta e definitiva, ma con sano spirito critico, gradualmente e non fanaticamente. Per me ogni volta che mi trovo ad essere sicuro del mio pensiero, ad esempio, da imporre ad altri, mi domando se questa è veramente l'unica risposta e mi domando se non sto mentendo a me stesso e quindi perdendo una occasione di vedere altro. Da questa visione posso avere una possibilità di osservazione di me più ampia e vedere che se non mi chiudo nei respingenti posso accogliere qualcosa di nuovo riguardo a me, perché è nelle nostre azioni che ci riveliamo per quello che siamo. E' difficile fare questo lavoro da soli, ci vogliono altre persone che stimolano ed evocano quello che siamo (imparare da tutto e tutti) perché possiamo conoscere noi stesi solamente attraverso le nostre effettive azioni e non attraverso la speculazione intellettuale di come risponderemmo a determinati stimoli. Ad esempio non possiamo lavorare sulla rabbia se non quando siamo arrabbiati, così come non possiamo lavorare sulla gioia se non siamo gioiosi e così via. Altro elemento importante del lavoro sulla sincerità è che parte da noi e giunge a noi, solo fino a che possiamo tenere vivo il desiderio di conoscere per noi stessi le osservazioni e stimoli del mondo esterno potranno aiutarci, ma appena chiudiamo il nostro essere in base ai preconcetti su come le cose devono essere e non le osserviamo per quello che sono allora la sincerità non sarà più possibile, al massimo potrebbe essere una eliminazione.
Questi sono solo alcuni spunti che posso evocare dal soggetto.. ci sono ancora molti altri modi di arricchire questa comprensione.

v ha detto...

io ho verificato che prima di lavorare su un qualche aspetto di me serve che qualcuno che vede mi dica su cosa lavorare, altrimenti potrei spendere tempo ed energie a fare qualcosa di inutile se non dannoso. potrei pensare che una cosa è un aspetto importante, ma potrebbe essere che invece, senza che io me ne eaccorga, mi stia aggiustando le cose pensando di lavorare. inoltre ho verificato che per iniziare ad essere sinceri con sé stessi bisogna rendersi conto di non poter fare nulla, e quindi renderci conto che tutte le nostre convinzioni sono legate al nostro ritratto immaginario. è impossibile fare questo lavoro da soli, e non bastano neanche le persone che condividono con noi lo scopo di svegliarci, perché anche loro sono addormentate come noi. per queste ragioni è necessario l'intervento di un mediatore tra noi e influenza c che sia in grado di trovare continue sveglie adatte alle circostanze particolari in cui ciascun individuo si trova. serve un Uomo che crei le giuste condizioni, non significa niente che si può imparare da tutti in ogni circostanza. in teoria è anche vero, ma nella pratica è difficilissimo, perché per poterlo davvero fare dovremmo aver abbattuto molti respingenti, e per abbattere i respingenti è necessario fare molti sforzi spiacevoli, perché la macchina non vuole morire.

v ha detto...

da Frammenti di un insegnamento sconoscito: "Ma come potrebbe un uomo essere sincero verso sé stesso, quando
quest'uomo ‘sinceramente’ non vede ciò che dovrebbe vedere in sé stesso?"

Anonimo ha detto...

Essere sinceri con se stessi. E’ andare contro natura, sentendo ogni volta la morte vicina, è spaventoso. E’ il salmone che risale la corrente. Sa già che morirà ma deve farlo. La macchina pensa di essere sincera, è in buona fede in ogni azione che compie, è stata maledettamente dotata di meccanismi che glielo permettono. E maledettamente è stata condannata a non essere in grado di vederli. Il resto sono solo sensazioni, deboli sensazioni, che non trovano riscontro in nessuna pratica. Ma tali sensazioni possono divenire ricerca, modalità attraverso la quale si compie il miracolo. Che è quello di trovare, trovare qualcuno che sappia interpretarle, dare loro il giusto significato, farle divenire pratica quotidiana. Ed è solo allora che diviene utile imparare ad essere sinceri, fino al punto di morire, morire per la verità. E la sincerità assume il ruolo fondamentale, incomincia a lavorare contro la menzogna che la macchina si racconta, (pur se suo malgrado), per continuare a dormire, inizia lentamente un processo di chiarificazione, intervallato dalla prevalenza di momenti bui in cui il dubbio si insinua e tenta di riportare alla “normalità” una condizione che invece spinge in un’altra direzione. Quella giusta. Quella delle sensazioni che ora divengono sempre più forti. C’è di più, di più di quello che vediamo e, il miracolo è che noi abbiamo la possibilità di andarlo a vedere. Ma dobbiamo pagare, e il prezzo potrebbe essere molto alto. Come un giocatore di poker, che se vuole vedere, deve mettere sul piatto la posta. Chi non gioca non vince. E il prezzo da pagare per andare oltre, oltre i limiti posti dalla condizione di macchina, è la sincerità. Su tutto. Cosa cerchiamo, perché lo cerchiamo, le nostre intenzioni di lavorare su noi stessi, sono tutti elementi che se non sono visti con la più assoluta sincerità, possono facilmente divenire altro, il pericolo di non accorgersi di essere dove non si è. Ma ci vuole tempo, prima di poter affermare “io sono sincero con me stesso”, ci vuole tempo. Prima di “sincero”, devo “essere” “me stesso”. E qui mi fermo. Io personalmente, nonostante ho avuto la fortuna di incontrare quel qualcuno da tanto tempo, inizio solo ora (forse) a percepire me stesso. E quindi devo ancora “essere” e poi “sincero”.
Buona fortuna a tutti.

Enzo ha detto...

Possiamo osservare che lo stato di identificazione ci porta a vivere solamente in una piccola porzione della nostra possibilità di percezione della realtà. Se, attraverso, ad esempio, l'esperienza dell'attenzione divisa, riusciamo a portare la nostra attenzione oltre che sulla nostra mente anche sul corpo, il livello delle percezioni che abbiamo, sia in relazione al mondo esterno che a quello interno, sono molto maggiori. Questo è un aspetto indispensabile per imparare la sincerità con sé stessi. Quando le nostre percezioni crescono, in relazione al risultato dei nostri sforzi di ampliare il nostro campo percettivo, allora abbiamo molte più informazioni riguardo a noi stessi, a quello che sentiamo , pensiamo e esprimiamo. Solitamente questo è il momento in cui escono allo scoperto i respingenti e battiamo in ritirata. Ma nel sistema si dice che lo studio della menzogna è lo studio dei respingenti, dunque se possiamo iniziare ad osservare i nostri respingenti quando le nostre percezioni sono più ricche possiamo iniziare a conoscere le nostre menzogne, e il concetto di essere sinceri in questo contesto lo possiamo vedere come la capacità emozionale di non cedere, di credere, nella possibilità di osservazione e comprensione e dunque creare la condizione di non identificazione.