mercoledì 7 maggio 2008

La sacralità dell'atto

Una delle problematiche più frequenti di chi ha intrapreso il lavoro su di sé è quella di non avere " più momenti di presenza". Vi sono molte idee a riguardo, ma il più grande ostacolo è quello di pensare che la presenza debba essere frutto di un evento eccezionale. Ciò è collegato al fatto che in un momento di ricordo di sé la parte emozionale è presente ed attiva, e questo accade accidentalmente in momenti "speciali" come ad esempio per una grande paura od una grande gioia. Abbiamo così l'illusione di dover cercare momenti particolari, e la nostra vita di tutti i giorni ci sembra troppo "normale" per racchiuderli. Questo lo possiamo verificare per la difficoltà che abbiamo a portare nelle nostre azioni di tutti i giorni l'energia e l'attenzione sufficiente a farci avere un momento di presenza, a causa soprattutto all'azione della nostra meccanicità e dell'assenza di un reale desiderio in questa direzione.
Questa tematica è stata alla base del lavoro delle scuole di tutti i tempi. Quelli che chiamiamo riti, o il comportamento che dobbiamo tenere in quanto aderenti ad una religione sono ciò che rimane del lavoro sull'intenzionalità di atti volti a portare una maggiore consapevolezza in chi li compiva. Quello che è accaduto, ed accade, è che nel tempo un'azione intenzionale che richiede l'uso delle parti intellettuali dei centri e l'uso simultaneo di più centri, condizione indispensabile per essere presenti, si è stratificata nella quotidianità delle persone diventando dogma e di conseguenza una semplice azione motoria. Questo nei termini del sistema vuol dire che l'azione si è spostata a livello delle parti meccaniche dei centri non richiedendo più nessuno sforzo intenzionale.
Spesso quello che vediamo nei riti religiosi non è atro che il guscio vuoto, espresso da un'azione ripetitiva e cieca, residuo di quelli che erano gli scopi intenzionali volti al raggiungimento di uno stato superiore. Come mummie rinsecchite hanno lasciato la loro sostanza nel passato e ci si manifestano come memoria ormai vuota dello splendore che fu.
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